Bruxelles – Se il prodotto non c’è non puoi dire che invece c’è , magari perché ne esiste un “aroma”. Le case produttrici di alimenti non possono tranne in ingannocon foto o scritte il consumatore facendogli credere, come spesso succede, che compra qualcosa che non è. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea, sentenziando su una causa contro un produttore tedesco di tisane.
La società Teekanne commercializza un infuso ai frutti chiamato “Felix avventura lampone-vaniglia”. Sulla confezione sono raffigurate immagini di lamponi e di fiori di vaniglia, accompagnate dalle menzioni “infuso ai frutti con aromi naturali”, “infuso ai frutti con aromi naturali – gusto lampone-vaniglia” e “solo ingredienti naturali”. Poi però, leggendo bene bene l’etichetta si scopre che l’infuso ai frutti non contiene ingredienti naturali derivati dalla vaniglia o dal lampone e neanche aromi ottenuti a partire da questi ultimi. L’elenco degli ingredienti che compare su uno dei lati della confezione riporta: “Ibisco, mela, foglie di mora dolce, scorza d’arancia, rosa canina, aroma naturale al gusto di vaniglia, scorza di limone, aroma naturale al gusto di lampone, more, fragole, mirtilli, bacche di ginepro”. Ma niente lamponi o vaniglia
Un’associazione tedesca per la tutela dei consumatori ha dunque denunciato la Teekanne per “avere indotto il consumatore in errore sulla composizione dell’infuso, mediante gli elementi che compaiono sulla confezione”. Il povero acquirente credeva di comprare lamponi e vaniglia, invece si è trovato con ibisco e foglie di mora…
La Corte spiega che il diritto dell’Unione impone che l’acquirente disponga di “un’informazione corretta, imparziale e obiettiva, che non lo induca in errore e che l’etichettatura di un prodotto alimentare non debba presentare un carattere ingannevole”. Sebbene si presuma che il consumatore legga l’elenco degli ingredienti prima di acquistare un prodotto, la Corte non esclude che l’etichettatura del prodotto possa essere tale da indurre l’acquirente in errore qualora alcuni elementi dell’etichettatura siano “mendaci, errati, ambigui, contraddittori o incomprensibili”. Secondo i magistrati europei “l’elenco degli ingredienti, pur essendo esatto ed esaustivo, può essere inadeguato a correggere in maniera sufficiente l’impressione errata o equivoca che risulta, per il consumatore, dall’etichettatura di tale prodotto”. Dunque “quando l’etichettatura di un prodotto alimentare suggerisce la presenza di un ingrediente che in realtà è assente (assenza che emerge unicamente dall’elenco degli ingredienti), detta etichettatura è tale da indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto”.