Bruxelles – Le richieste di modificare la governance della zona euro arrivano da più parti, dal duo Merkel-Hollande all’economista francese, Thomas Piketty, e non solo. Anche il Cese, il Comitato economico e sociale europeo, è entrata in questo dibattito. Lo ha fatto con un parere che propone alcune riforme che suggerisce di fare in diversi passaggi. Le richieste centrali sono la nomina di un presidente stabile dell’Eurogruppo (al momento viene eletto a rotazione ogni 2 anni e mezzo) e la creazione di una commissione all’interno del Parlamento europeo, composta solo da deputati dei Paesi con la moneta unica, che discuta e voti su tutte le questioni che riguardano più direttamente l’Unione economica e monetaria. Secondo la proposta si dovrebbero poi coinvolgere maggiormente anche i deputati nazionali rafforzando il ruolo della conferenza interparlamentare sul Patto di Stabilità.
Per quanto riguarda l’iter parlamentare il processo legislativo comunitario non verrebbe però modificato eccessivamente perché alla Plenaria rimarrebbe comunque il diritto di votare in ultima istanza ogni direttiva. In più il sistema sarebbe aperto alla partecipazione anche dei deputati dei Paesi che si impegnano ad adottare in futuro la moneta unica. Per quanto riguarda il Consiglio Ue, il Cese ipotizza nelle tappe finali di questa riforma, che dovrebbe passare da una revisione dei Trattati, la istituzionalizzazione di un ‘esecutivo dell’Euro’ che “dovrebbe prendere forma un vero e proprio organo di governo dell’Unione economica e monetaria, il/la cui presidente dovrebbe agire, a tutti gli effetti, come un ministro dell’Economia e delle finanze dell’area dell’euro, con funzioni di vicepresidente della Commissione europea”, si legge nella proposta.
“L’Eurozona al momento è governata da una tecnostruttura, invece dovrebbe essere governata da una struttura democratica come nella tradizione europea”, spiega Joost van Iersel, presidente della sezione per l’Unione monetaria del Cese, e uno dei due relatori della proposta. Van Iersel si dice convinto che la cosa potrebbe spingere alcuni dei Paesi al momento riluttanti a prendere in considerazione più seriamente un’adesione alla zona euro. Ma al contempo potrebbe anche inasprire le differenze con gli Stati più ‘eurocritici’ come la Gran Bretagna. Ma questo non dovrebbe essere un freno per l’Europa perché “non è il momento di avere paura, se ci saranno delle conseguenze bisognerà affrontarle, ma se non facciamo qualcosa l’Ue imploderà”, afferma. Quello che gli Stati devono comprendere a suo avviso è che “il sistema della sovranità nazionale sta diventando sempre più obsoleto, mentre le soluzioni che portano sovranità a livello europeo generano in ogni caso una soluzione migliore”. “Quando non c’è un potere decisionale comune prevale la linea del più forte”, e l’attuale sistema “aiuta di più alcune economie e alcuni Paesi e meno altri”, aggiunge Carmelo Cedrone, l’altro relatore della proposta, che si dice convinto che “con gli strumenti attuali la crescita economica nel continente sarà molto più difficile”, in quanto è assurdo “che la moneta unica si governi in maniera comune attraverso la Bce mentre le politiche economiche siano rimaste appannaggio degli Stati”.