Roma – Il quantitative easing (Qe) avviato dalla Bce “è già stato fortemente efficace per l’aurozona”. Lo afferma da Parigi il capo economista dell’Ocse, Catherine Mann, presentando l’Economic outlook dell’Organizzazione per la cooperazioone e lo sviluppo economico. Mann ritiene che gli effetti positivi del Qe si siano manifestati “primariamente attraverso il deprezzamento dell’euro ma anche riguardo alla disponibilità di credito” che le banche possono concedere ai privati. Tuttavia, su quest’ultimo fronte “si potrebbe fare di più”, indica la relatrice del rapporto, invitando a pensare ad azioni mirate in favore delle piccole e medie imprese e a più efficaci strategie di supervisione per garantire che l’immissione di liquidità raggiunga il settore produttivo.
L’organizzazione rivede al rialzo le stime di crescita dell’Eurozona per il 2016: +2,1% del Pil rispetto al +2% indicato nel rapporto intermedio di marzo e al +1,7% stimato a novembre. Invariata l’attesa di crescita per il 2015, segnalata all’1,4%. La disoccupazione farà registrare un calo graduale, raggiungendo il 10,3% nel 2016 rispetto all’attuale 11,2%. Appare scongiurata la dinamica deflattiva dei prezzi, anche se solo il prossimo anno l’inflazione dovrebbe attestarsi a livelli ritenuti consoni, raggiungendo l’1,5%.
A fronte di tali stime, l’Ocse prevede che l’aggiustamento fiscale, nell’area della moneta unica, si prenderà una pausa per finanziare la crescita economica e dare un’accelerazione agli attuali segnali di ripresa. Rimane però significativo il rischio di nuovi “disordini finanziari” nell’eurozona, si legge nello studio.
In particolare, è l’incertezza sulla crisi greca a preoccupare. Atene, anche “assumendo che si trovi un accordo con i creditori”, farà registrare una crescita “comunque debole”, perché “l’incremento di investimenti e consumi sarà minato da condizioni di credito in deterioramento e bassa fiducia”, scrivono gli analisti, indicando in +0,1% l’aumento di Pil atteso per quest’anno, mentre per il 2016 è stimato al +2,3%. Il debito pubblico rimane “estremamente elevato”: ammonterà al 180% del Pil nel 2015 e scenderà al 178,1% l’anno successivo.
Riguardo all’Italia, le stime Ocse sulla crescita del Pil parlano di un +0,6% per l’anno in corso e un +1,5% per il prossimo. Rispetto al 2015, le previsioni risultano in linea con quelle della Commissione europea, ma inferiori a quelle indicate dal governo e dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che parlano di un +0,7%. Mentre per il 2016 la previsione Osce risulta essere la più ottimistica, visto che l’esecutivo italiano e quello europeo si attendono un +1,4%, mentre il Fmi si ferma all’1,2%.
“L’Italia è un buon esempio di come il venire meno di incertezze” si traduce in un quadro migliore per l’economia. Mann spiega così l’ottimismo e la revisione al rialzo delle previsioni per il nostro Paese rispetto alle stime primaverili. “Da marzo ci sono stati cambiamenti nell’abilità mostrata dal Governo di attuare e andare avanti con le sue strategie politiche”, aggiunge l’economista riferendosi al programma di riforme italiano, sul quale il rapporto esprime un giudizio molto positivo. Ad esempio sul ‘Jobs act’, che “ha il potenziale di migliorare drasticamente il mercato del lavoro”, ma anche “la recente approvazione della nuova legge elettorale è uno sviluppo positivo – si legge ancora nel capitolo dedicato all’Italia – in quanto probabilmente risulterà in governi più stabili e ridurrà l’incertezza politica”.
La nota stonata per il nostro Paese riguarda il sistema bancario, che rimane “ancora fragile e non è in una buona posizione per sostenere gli investimenti privati”, i quali sono crollati del 30% dal 2007, ammoniscono gli analisti. I tassi di interesse “restano più alti che negli altri Paesi della zona euro”, e questo è legato probabilmente ai rischi connessi all’aumento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche. Anche l’Ocse, dunque, si unisce al coro di chi chiede misure per risolvere il problema. In particolare, l’Ocse suggerisce una riforma il diritto fallimentare, con un più ampio utilizzo di tribunali specializzati e il ricorso a soluzioni extra-giudiziali, oltre alla costituzione di “una società di asset management specializzata che acquisisca i crediti deteriorati” delle banche, la cosiddetta ‘bad bank’ a cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sta lavorando.