Roma – Mentre il precorso di riforme del governo Renzi riscuote apprezzamento a livello internazionale – oggi anche l’Ocse ha espresso un giudizio positivo – in Italia ha i suoi costi per la maggioranza parlamentare, che oggi ha perso l’appoggio dei Popolari per l’Italia, il partito fondato dall’ex ministro Mario Mauro all’indomani della scissione da Scelta civica. “Riforme non condivise, condotte in modo improvvisato e approssimativo, con una improvvida esaltazione del carattere monocolore dell’esecutivo”: sono queste le motivazioni dell’abbandono fornite dallo stesso Mauro in una nota, nella quale si spiega che la decisione “è innanzitutto un giudizio definitivo su una gestione politica che sta tenendo in stallo l’Italia, la sua economia e il suo bisogno di crescita”.
Il partito contava su 3 senatori: oltre a Mauro, Tito Di Maggio e Angela D’Onghia. Quest’ultima, tuttavia, ha già annunciato di voler rimanere al proprio posto di sottosegretario all’Istruzione, quindi ha lasciato la formazione politica ed è attualmente senza bandiera. Di Maggio si è invece già accasato nel gruppo parlamentare dei fittiani a Palazzo Madama. Sono 12 i senatori confluiti nell’aggregazione che si è formata oggi: la presidente Cinzia Bonfrisco, Francesco Bruni, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Tito Di Maggio, Pietro Liuzzi, Ciro Falanga, Eva Longo e Antonio Milo, Lionello Pagnoncelli, Luigi Perrone, Lucio Tarquinio e Vittorio Zizza.
Circa l’abbandono di Mauro e e Di Maggio il coordinatore del Nuovo Centrodestra Gaetano Quagliariello ha però commentato che “quei due senatori votavano spesso contro il governo, dunque non ci sarà grande differenza”.
Per proseguire con le riforme al Senato, a partire da quella costituzionale e da quella della scuola – entrambe verranno esaminate prima dell’estate –, il presidente del Consiglio può contare adesso su un margine di 9 voti. Cresce ulteriormente, dunque, il potere contrattuale della minoranza dem, intenzionata a ottenere modifiche sostanziali su entrambi i provvedimenti. Anche se Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd, ritiene che “non cambia nulla nella maggioranza” e che il percorso delle riforme proseguirà senza battute d’arresto.