Bruxelles – Commissione, Parlamento e presidenza di turno del Consiglio sono compatti: nessun passo indietro sull’agenda per l’immigrazione davanti alle critiche “vergognose” di alcuni Stati membri. Perché se ci rifiutiamo di aiutare le persone che fuggono da guerre e miserie miniamo le basi della stessa Unione europea, nata per garantire il rispetto della dignità umana.
La forte presa di posizione arriva in occasione della cerimonia di apertura degli “European development days” (Giornate europee dello sviluppo), in corso oggi e domani a Bruxelles. A prendere la parola per primo è stato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che dopo aver spiegato l’importanza di non tagliare i fondi alla cooperazione internazionale, ha utilizzato l’occasione per lanciare una stoccata ai capi di Stato dell’Unione. “Tutti gli sforzi saranno vani se l’umanità e la società internazionale non prendono coscienza del fatto che bisogna far rispettare i diritti dell’uomo – ha dichiarato Juncker -. È per questa ragione che la Commissione ha proposto un agenda sull’immigrazione. Sono consapevole che il sostegno degli Stati alla nostra richiesta di dividere gli sforzi non è stato stupefacente, ma la Commissione non cambierà le sue idee in materia di migrazione legale e illegale. Là, ancora una volta, si tratta del rispetto dei diritti dell’uomo. Chi per ragioni economiche o politiche lascia il suo Paese ha il diritto che la propria dignità venga rispettata. Riguarda l’idea stessa che abbiamo dell’uomo, dunque noi per primi dobbiamo applicarla”. “La Commissione – ha chiarito il presidente dell’esecutivo comunitario – non cambierà opinione davanti alla resistenza e all’opposizione di alcuni Stati membri. La parola d’ordine in materia di sviluppo dev’essere “solidarietà condivisa”. L’Europa è molto più credibile se accorda il suo aiuto a coloro che sono più vulnerabili”. “Tempo fa abbiamo ricevuto al Parlamento europeo il re di Giordania, che ci ha spiegato cosa vuol dire, in un Paese di 5 milioni di abitanti, accogliere 2 milioni di rifugiati” ha fatto eco Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo -. Per questo mi vergogno quando sento durante i dibattiti in alcuni Stati membri dell’Unione europea comparare i dati di Paesi come la Giordania con quelli dell’Ue”.
Anche Laimdota Straujuma, primo ministro della Lettonia, che fino al 30 giugno ha il compito di presiedere il Consiglio, ha fatto appello alla solidarietà in materia d’immigrazione. “Tutti devono cooperare: i Paesi d’origine, quelli di transito e quelli di destinazione – ha spiegato la lettone -. È inaccettabile che delle persone debbano lasciare la loro terra per sperare di vivere un giorno in maniera dignitosa”.
Il più duro nei confronti dei suoi omologhi, però è stato Xavier Bettel, primo ministro del Lussemburgo, al quale toccherà la presidenza di turno del Consiglio nella seconda metà del 2015. Il Lussemburgo è uno dei cinque Paesi dell’Unione (insieme a Svezia, Norvegia, Danimarca e Regno Unito) ad aver raggiunto e di gran lunga superato l’obiettivo di devolvere lo 0,7% del reddito nazionale lordo all’aiuto allo sviluppo. Un motivo d’orgoglio per il piccolo Paese d’origine di Juncker, tanto da spingere il primo ministro Bettel a criticar apertamente chi segue la strada contraria. “L’aiuto alla cooperazione non deve essere il primo budget da tagliare” ha dichiarato il lussemburghese, che si è definito “scioccato” per ciò che sta accadendo nel mondo negli ultimi tempi. “C’è chi pensa che le persone che lasciano il proprio Paese rischiando di annegare nel Mediterraneo lo facciano per piacere – ha rincarato la dose Bettel – . Oggi, in Europa, quando si parla di quote alcuni Paesi hanno cominciato a dire fin da subito: “io non voglio”. Chiederei a questi responsabili politici cosa significa per loro la dignità. Non possiamo parlare di futuro e di dignità se delle prospettive umane sono lasciate a un calcolo numerico effettuato durante un Consiglio. Chiedo a ciascuno di prendersi le proprie responsabilità”. “La ruota può girare – ha concluso il primo ministro – e magari un giorno quel Paese che oggi rifiuta di accogliere gli immigrati sarà felice se un altro Paese lo aiuterà”.