Bruxelles – “Promuovere lo sviluppo dell’Unione dei Mercati dei Capitali in Europa potrebbe creare un sistema finanziario ancora più volatile e quindi più esposto all’effetto domino”. E’ l’allarme lanciato dall’Ong Finance Watch, nell’ambito delle consultazioni pubbliche avviate dall’esecutivo comunitario su un progetto a cui la Commissione Juncker intende dar vita ento il 2019. Ma i rischi sono seri, a partire dalle basi su cui si fonda il progetto di unione finanziaria. L’Unione dei mercati dei capitali intende sviluppare il prestito non bancario (chiamato anche “sistema bancario collaterale” o “sistema bancario ombra”) ed il finanziamento del mercato dei capitali in Europa, con l’attenzione puntata su infrastrutture e piccole e medie imprese. Ma il fenomeno dello shadow banking è ritenuto come una delle cause della crisi, e la Bce nei giorni scorsi ha messo in guardia sui rischi legati ad un’espansione di questi sistema finanziario parallelo. Anche Finance Watch mette in guardia. Trasferire i rischi dalle banche agli istituti non bancari, come i fondi pensione, “non rende il sistema meno rischioso e potrebbe creare nuove forme di azzardo morale nel caso in cui, in futuro, i fondi pensione si trovino in crisi e debbano essere salvati con i soldi dei contribuenti”.
L’ong evidenzia altre criticità. In primo luogo, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l’Unione dei mercati di capitali “non darà un apporto significativo” in termini di crescita e occupazione. In secondo luogo, si rischia di creare nuove bolle dalle conseguenze disastrose. Uno strumento su cui si fonda il progetto allo studio a Bruxelles e la promozione delle cartolarizzazioni, ovvero l’emissione di titoli di debito negoziabili garantiti dal pagamento delle rate future dei prestiti, con cui però – avverte Finance Watch – “aumenteremo anche il rischio dell’effetto domino all’interno del nostro sistema”. Questo perchè le cartolarizzazioni emesse vengono spesso utilizzate dalle istituzioni finanziarie come garanzia per ottenere prestiti a breve scadenza. Da una tale ragnatela di contratti “si crea il rischio di contagio, nel caso in cui un anello di questa catena fallisca o comunque non sia in grado di rispettare la scadenza di pagamento a breve termine”. Il ricorso alla cartolarizzazione va dunque contingentato, o sostituito con meccanismi di incentivi a finanziamenti bancari a più lunga scadenza.
Ancora, altro fattore di rischio, la totale cancellazione di differenze tra istituti di risparmio e istituti di credito. Spingere tali risparmi privati nel mercato dei capitali “potrebbe generare ulteriori rischi per i piccoli risparmiatori”, secondo Finance Watch. Si dovrebbero perciò promuovere le relazioni tradizionali e il modelo di banca locale, in quanto “è stato dimostrato come tale modello garantisca maggiore stabilità e impegno al finanziamento dell’economia reale”. Ultima riserva, infine, sul bisogno di aumentare i partenariati pubblico-privati. Questi ultimi sono contratti a lungo termine tra una entitià del settore pubblico e una entità del settore privato, dove la società privata costruisce e cura la messa in opera di strutture come autostrade, ferrovie o altre infrastrutture pubbliche e viene pagata dall’istituzione pubblica attraverso un canone di affitto annuale o di utilizzo (ad esempio il pedaggio stradale). “La privatizzazione di beni quasi-pubblici, come le infrastrutture, sollevano una serie di preoccupazioni”. In particolare questi partenariati “spostano il costo dell’investimento sulle generazioni future e storicamente – continua la Ong – hanno dimostrato, in numerosi e documentati casi, uno scarso rapporto qualità-prezzo per i contribuenti”. Non solo. La privatizzazione delle infrastrutture potrebbe escludere dal loro utilizzo quei cittadini che non sono in grado di sostenerne la spesa.