Bruxelles – La caduta nelle mani del sedicente Stato islamico di Ramadi in Iraq e Palmira in Siria lo ha dimostrato: qualcosa, nell’azione della coalizione anti Isis, fino ad ora non ha funzionato. Ad ammetterlo sono i membri della stessa coalizione che, riunendosi oggi a Parigi, hanno sottolineato “l’urgenza di rinnovare ed espandere lo sforzo collettivo per sconfiggere Da’esh”. I Paesi partner della coalizione, una sessantina in tutto ma di cui solo una dozzina impegnati in azioni militari, hanno ribadito “la forte unità e l’impegno a lavorare insieme sotto una strategia comune, multiforme e di lungo termine per indebolire e sconfiggere il Daesh, una minaccia all’intera comunità internazionale”. “Dopo alcune cose che non sono andate bene a Ramadi e Palmira, oggi c’è un rilancio dell’impegno della coalizione, l’impegno del governo di Baghdad alla riconquista di Ramadi e l’impegno a una politica inclusiva da parte del governo iracheno sia nei confronti della comunità sunnita sia nei confronti dei curdi”, ha spiegato dopo la riunione il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni.
E un cambio di marcia nella lotta contro il terrorismo si fa sempre più urgente alla luce della chiara volontà del sedicente Stato islamico di conquistare altri territori, in particolare in Libia. Nella dichiarazione conclusiva della coalizione ant-Isis se ne parla come uno dei Paesi “colpiti dalla crisi politica” in cui i terroristi “cercano di espandersi”. “L’idea del califfato – ha detto il titolare della Farnesina – è concentrata sulla zona Iraq-Siria, ma certamente c’è il rischio di un’espansione. La coalizione sta cominciando, non sul piano militare ma su quello dei finanziamenti e dei foreign fighters, ad occuparsi anche di altri Paesi, fra cui la Libia”, ha spiegato.
In questo contesto il nostro Paese, ha assicurato Gentiloni, svolge un ruolo “molto apprezzato”, visto che “è uno dei sette Paesi con un impegno maggiore”. In particolare, ha ricordato, “da ieri l’Italia è leader nell’addestramento delle forze curde a Erbil. Inoltre guidiamo il gruppo di addestramento delle forze di polizia in Iraq, abbiamo unità aeree in Kuwait per la ricognizione, forniamo armi e munizioni sia a Baghdad che ai peshmerga curdi e siamo nel gruppo di guida, assieme a Stati Uniti e Arabia Saudita, nel contrasto al finanziamento del Daesh”.
Certo la sfida richiederà tempo: “Sarà una lotta di lungo termine, bisogna saperlo”, ha avvertito il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, secondo cui oggi la coalizione ha dato prova di “unità e determinazione comune per combattere i terroristi dell’Isis, che sono dei finti religiosi e dei veri criminali”. Buone intenzioni che fino ad ora non sono bastate. L’avanzata del sedicente Stato islamico in Iraq è un “fallimento” per l’intera comunità internazionale, ha fatto notare il premier iracheno Haider al-Abadi, presente alla riunione di Parigi. L’Iraq, ha aggiunto, “necessita di tutto il supporto possibile dal mondo”, ma finora “non ha avuto molto: si parla tanto di aiutare l’Iraq, ma sul terreno c’è veramente poco”. In concreto: “Il supporto aereo non è sufficiente – ha continuato Abadi – e ci sono poche attività di sorveglianza. Il Da’esh si muove costantemente e in piccoli gruppi” e quello che fa la coalizione internazionale per sostenere le truppe di terra irachene “non è sufficiente”. Oltre a più raid e più informazioni di intelligence dalle forze aeree internazionali, il premier ha anche chiesto aiuti per acquisire armi da usare contro i jihadisti, visto che finora il Paese “non ha ricevuto quasi nulla e fa affidamento sulle proprie forze”.