Bruxelles – In Europa in media sono uno su sette, in Italia uno su otto. Sono i lavori che dipendono dalle esportazioni dell’Unione europea verso il resto del globo e, secondo uno studio della Commissione europea, fra il 1995 e il 2011 sono aumentati del 67%, raggiungendo un totale di 31,1 milioni. Si calcola che, nel 2011, ogni miliardo di euro di esportazioni Ue abbia mantenuto 14 mila impieghi. Il documento, pubblicato proprio mentre procedono le discussioni sull’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti (Ttip), vuole mostrare “chiaramente come l’accresciuta importanza dell’export significhi per l’Europa maggiori opportunità di lavoro, che sono in media meglio remunerate rispetto ad altri ambiti economici”.
Più della metà degli impieghi che dipendono dall’esportazione extraeuropea sono legati al manifatturiero (61%), ma sono in aumento anche quelli inerenti alla fornitura di servizi, cresciuti dal 26% del 1995 al 36% del 2011. Si tratta di lavori per la maggior parte altamente qualificati e meglio retribuiti rispetto alla media, il cui numero complessivo è aumentato in ogni Stato membro. La Germania, con i suoi 7,1 milioni di lavoratori dipendenti dall’export extra-Ue guida saldamente la speciale classifica, seguita dal Regno Unito (3,9 milioni) e dall’Italia (3,1 milioni), che si aggiudica il gradino più basso del podio. Unici Paesi dove gli impieghi legati all’esportazione non superano il 10% del totale sono la Grecia (7%), il Portogallo (8%) e la Spagna (9%).
Nello specifico, la Commissione stima che in Italia 2,7 milioni di lavori siano supportati all’esportazione del nostro Paese fuori dall’Unione, mentre altri 402 mila siano legati all’export di altri Paesi Ue verso il resto del mondo. Ad esempio, a questa seconda categoria apparterrebbero i lavoratori di un’azienda italiana che fornisce componentistica per un’altra azienda europea, che a sua volta vende poi il prodotto finito fuori dai confini dell’Unione. Allo stesso modo, l’export italiano permette l’esistenza di 367 mila posti di lavoro all’interno dell’Ue.