Bruxelles – Alleggerire Italia e Grecia di 40 mila richiedenti asilo, redistribuendo quelli di nazionalità eritrea e siriana negli altri Stati membri nei prossimi due anni. A due settimane dalla presentazione dell’agenda europea sull’immigrazione, la Commissione europea comincia a presentare le proposte pratiche per gestire l’emergenza nel Mediterraneo. Primo obiettivo è quello di distribuire più equamente quel peso che ora grava molto più pesantemente sulle spalle di alcuni: per questo si punta a trasferire dall’Italia 24 mila persone e dalla Grecia altre 16 mila. A motivare la scelta dei Paesi da aiutare, da cui viene esclusa Malta, un puro criterio numerico. Nel 2014 l’Italia ha visto aumentare del 277% gli sbarchi di irregolari e la Grecia del 153%, un trend che non sembra affatto diminuire nei primi mesi del 2015. Diversa invece la situazione a Malta, per i numeri relativamente bassi di migranti che ne hanno raggiunto le coste negli ultimi due anni.
Il trasferimento riguarderà i richiedenti asilo arrivati sul territorio europeo a partire dal 15 aprile 2015 e nei mesi a venire ma non di tutte le provenienze. Si parla esclusivamente delle persone di quelle nazionalità che hanno un tasso di riconoscimento del diritto alla protezione internazionale nell’Ue uguale o superiore al 75% secondo gli ultimi dati Eurostat e cioè soltanto siriani ed eritrei. Secondo i calcoli della Commissione, ricollocare 40 mila persone significa intervenire sul 40% del totale dei richiedenti asilo in chiaro bisogno di protezione che erano entrati in Italia e Grecia nel 2014. Per finanziare le operazioni sono pronti 240 milioni di euro, e cioè ogni Stato membro ne riceverà circa 6 mila per ogni profugo accolto.
I migranti, poi, saranno distribuiti tra i diversi Paesi Ue sulla base di un meccanismo di ripartizione che prende in considerazione Pil e popolazione di ogni Stato (che pesano ciascuno per il 40%) e anche disoccupazione e sforzi già effettuati in materia di immigrazione (pesano ognuno il 10%). Su questa base la Germania dovrà accogliere 5.258 migranti trasferiti dall’Italia, la Francia 4.051 e la Spagna 2.573. Numeri, cifre, ma non chiamateli “quote”. L’esecutivo europeo insiste in ogni modo su questo punto: l’imposizione di un sistema di quote, si sa, è divisivo e ha già visto l’aperta opposizione di una decina di Stati e forti perplessità anche da parte della Francia. “Ci sono delle incomprensioni, non proponiamo di fissare delle quote, è una parola che non ci piace e che non abbiamo mai usato”, tiene a sottolineare il commissario Ue all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Si tratta, spiega, di “assicurare una solidarietà minima”, ma “sta ad ogni Stato membro decidere a quante persone daranno lo Stato di rifugiato e se uno Stato vuole può prenderne di più”. Un caso che difficilmente ci si troverà a dover gestire.
Italia e Grecia dovranno anche garantire qualcosa in cambio di questa solidarietà ricevuta. In particolare assicurare un’efficiente registrazione dei migranti in arrivo sul proprio territorio. I servizi della Commissione oggi hanno anche pubblicato linee guida che stabiliscono le pratiche da seguire per prendere le impronte digitali dei migranti in arrivo. L’approccio raccomanda di fornire ai richiedenti asilo tutte le informazioni sui propri diritti e obblighi ma suggerisce anche, se il migrante rifiuta di farsi prendere le impronte o le danneggia fino a renderle irriconoscibili, un uso specifico e limitato ella detenzione e della coercizione come ultima risorsa. Italia e Grecia dovranno fornire ogni mese alla Commissione europea un report su come “vogliono migliorare la propria capacità ispettiva”, sia sulla raccolta delle impronte digitali sia sulle misure da mettere in atto per evitare che i migranti giunti sul proprio territorio si spostino in altri Stati membri. Se Bruxelles non dovesse ritenere sufficienti i passi presi in questa direzione, specifica la proposta, potrebbe anche proporre di sospendere il meccanismo di riccolocazione. “Monitoreremo Italia, Grecia e altri Stati membri”, chiarisce Avramopoulos, che insiste sull’importanza del “rispetto delle regole” da parte di tutti i Paesi.
Tra le proposte dell’esecutivo Ue, come anticipato, anche un piano per il reinsediamento (resettlement) di 20 mila migranti provenienti dai Paesi terzi nei prossimi due anni. Si tratta in questo caso però soltanto di una raccomandazione e dunque di un meccanismo su base volontaria, diversamente dalla redistribuzione che, se approvata, sarebbe invece un sistema obbligatorio.
Per combattere il traffico di migranti, Bruxelles prepara anche un piano di azioni (altre rispetto alla missione militare contro gli scafisti) da mettere in atto da qui al 2020. Si parla in particolare di stilare una lista di imbarcazioni sospette, creare una piattaforma per migliorare la cooperazione e lo scambio di informazioni con le istituzioni finanziarie così da tentare di privare le organizzazioni criminali dei loro introiti, cooperare con provider internet e social media per individuare e rimuovere tutti i contenuti usati dai trafficanti per pubblicizzare la loro attività.
A migliorare l’azione dovrebbe contribuire anche il nuovo piano operativo di Triton finalizzato ieri, considerando tutti i mezzi aggiuntivi messi a disposizione dagli Stati dopo l’ultimo consiglio europeo e estendendo anche l’area geografica di intervento dell’operazione ben oltre le 30 miglia marittime finora previste, per arrivare fino a 138. In questo modo l’operazione Ue per il controllo delle frontiere “include l’area dell’ex operazione italiana Mare Nostrum”, fa notare Avramopoulos.
“L’Ue è stata giudicata negativamente in passato per non avere fatto nulla o non avere fatto abbastanza”, sottolinea anche il commissario all’Immigrazione. Ora “in soli cinque mesi – aggiunge – siamo riusciti a scrivere e iniziare la procedura per adottare una politica Ue sull’ immigrazione. Certo, è consapevole, “c’è molta strada da fare”, in particolare per mettere d’accordo gli Stati membri, ma “per una volta non si può accusare la Commissione di avere preferito l’inerzia”.