Bruxelles – L’idea di una operazione militare per distruggere le barche dei trafficanti di esseri umani in Libia desta la “preoccupazione” di Ban Ki-moon. Il segretario generale dell’Onu è venuto a Bruxelles proprio nel giorno del lancio del piano della Commissione europea per far fronte all’emergenza sbarchi e ha così potuto parlare della questione con il presidente Jean-Claude Juncker e il collegio tutto. “Sono naturalmente favorevole al rafforzamento delle capacità militari per operazioni di ricerca e salvataggio”, in mare, in quanto “la nostra priorità deve essere data al salvare le vite e al fornire assistenza umanitaria alle persone”, ma, ha aggiunto Ki-moon parlando con la stampa dopo l’incontro in Commissione, “quando consideri di distruggere le barche potresti finire per privare i trafficanti di mezzi molto limitati”, e potrebbero esserci “altre implicazioni”. Insomma, nonostante l’Europa attenda con speranza una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per poter condurre in un quadro di legalità internazionale un’operazione contro gli scafisti in Libia, secondo il segretario generale dell’Onu “ci sono forse altre vie” che si dovrebbero provare a percorrere.”Ci sono norme e regolamenti internazionali da rispettare”, ricorda Ban Ki-moon e per condurre un’operazione militare nelle acque territoriali di un altro Paese “si deve discutere con le autorità del Paese in questione, in questo caso la Libia”. La questione è dunque complessa e il segretario generale Onu si chiama fuori: “Sta ai membri del Consiglio di sicurezza il compito di decidere”.
Bisogna essere “irremovibili” nella lotta ai trafficanti ma “servono anche alternative sicure a questi viaggi pericolosissimi, canali legali per il reinsediamento, per ottenere visti di lavoro e studio e per il ricongiungimento familiare”, afferma parlando poi davanti alla Plenaria del Parlamento europeo. “Quest’anno sono 1800 le persone annegate nel Mediterraneo, un aumento di 20 volte rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”, ricorda, sottolineando che “la metà di coloro che tentano la traversata scappano da abusi dei diritti dell’uomo, da persecuzioni, dalla guerra”, e per questo “hanno diritto alla protezione internazionale in quanto rifugiati”. E su questo punto gli Stati europei possono e devono fare molto. “Accolgono con favore l’annuncio della proposta per la ridistribuzione”, che “è un passo nella giusta direzione”, afferma, ma i Paesi membri devono ora assumersi le proprie responsabilità: “Li incoraggio a mostrare empatia quando la esamineranno, condividendo responsabilità, ripartizione degli oneri e responsabilità”, in quanto “una ripartizione potrà permettere all’Ue di affrontare flussi sempre più numerosi di esseri umani diventando così un esempio per altre regioni del mondo che affrontano sfide analoghe”.