Bruxelles – Nell’operazione navale contro gli scafisti, l’Unione europea si gioca la faccia. A Bruxelles lo sanno bene e il lavoro per lanciare l’operazione è accompagnato dalle preoccupazione su possibili ripercussioni negative sull’immagine Ue. Perché un “rischio per la reputazione Ue” nel caso in cui possibili “perdite di vite siano attribuite, correttamente o scorrettamente all’azione o all’inazione delle forze Ue” esiste. È quanto si legge nel parere del Comitato militare Ue sull’operazione navale europea contro gli scafisti, un documento riservato reso pubblico oggi da Wikileaks. La preoccupazione è che ci possano essere “interpretazioni pubbliche sbagliate degli scopi e degli obiettivi” della missione, ragion per cui una “strategia informativa europea sia essenziale fin dall’inizio per enfatizzare lo scopo dell’operazione e facilitare la gestione delle aspettative”.
In particolare, sottolinea il comitato militare dell’Ue, occorre trasmettere il messaggio che “il focus dell’operazione non è salvare i migranti in mare” ma “rompere il modello di business dei trafficanti”. Così facendo, ma solo “indirettamente”, la missione “contribuirà anche a ridurre le perdite di vite umane”. Un messaggio che deve essere rivolto tanto in Europa quanto a “Libia e regioni vicine del Nord Africa”. Non solo. Sebbene il salvataggio in mare “sia un obbligo legale” secondo la legge normale, queste operazioni “non dovrebbero essere pubblicizzate per evitare di fornire un incentivo ai migranti”.
Nel documento ricompare anche la possibilità di operazioni a terra, nonostante l’eventualità sia stata a più riprese esclusa da tutti, a cominciare dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini. Il Comitato militare “considera che l’uso della forza debba essere ammesso, specialmente durante attività come l’abbordaggio e quando si opera a terra o in prossimità di coste non sicure, o durante interazioni con imbarcazioni non adatte alla navigazione”, recita il documento trapelato. La minaccia che giustificherebbe l’uso della forza sarebbe costituita in particolare dalla “potenziale presenza di forze ostili, estremisti o terroristi di Da’esh”, eventualità che “dovrebbe essere presa in considerazione”. Ma anche la semplice minaccia “proveniente dalla gestione di grossi volumi di diversi flussi di migranti deve anche essere considerata”.
Ma il rischi è da considerare anche in senso opposto e cioè bisogna fare in modo che la missione Ue, per quanto animata dalle migliori intenzioni, non crei “danni collaterali”. Il documento sottolinea la necessità di “calibrare con grande attenzione l’attività militare, particolarmente nelle acque interne della Libia o lungo le coste, per evitare di destabilizzare il processo politico e causare danni collaterali, danneggiando le legittime attività economiche o dando l’impressione di avere scelto una parte”.
Il Comitato militare dell’Ue valuta la la missione come “difficile data la complessa situazione in mare e lungo le coste, ma militarmente fattibile dietro le premesse di base legale e regole di ingaggio robuste”. Il successo di un’operazione simile, avvisa comunque il documento, “dipenderà pesantemente dalla messa in atto di un approccio genuinamente comprensivo”. A complicare le cose, anche il fatto che “ad oggi non c’è ancora una chiara e sufficiente comprensione del modello di business usato dai network di scafisti nel Mediterraneo” per cui è necessario rinforzare lo scambio di informazioni con Frontex”.