Bruxelles – Il vento euroscettico, spesso solo eurocritico, continua a soffiare in Europa. La Spagna, decretando il successo alle amministrative di Podemos, sembra essere intenzionata a prendere la stessa strada della Grecia che lo scorso gennaio ha scelto Alexis Tsipras e la sua Syriza per portare il Paese fuori dalla crisi e dalle misure di austerità. La Polonia invece vira a destra, ma sempre in chiave antieuropea: le elezioni presidenziali di domenica hanno decretato la vittoria di Andrzej Duda di Diritto e Giustizia (Pis), il partito fondato dai fratelli Lech e Jaroslaw Kaczynski e che da dieci anni non otteneva un risultato così significativo. Duda ha battuto il candidato del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, Bronislaw Komorowsky. Due vittorie che inviano un messaggio chiaro a Bruxelles: la voglia di un cambio di rotta nell’Europa è ancora forte.
“È stata una giornata storica che appena un anno fa nessuno avrebbe immaginato. Questa primavera è cominciato il cambiamento, e ciò ci dà un grande impulso in vista delle elezioni generali, dove ci troveremo in una posizione tale da poter aspirare alla vittoria”, ha esultato il leader di Podemos, Pablo Iglesias, che ora sente il vento in poppa per le elezioni nazionali previste per dicembre. Il Partito popolare rimane la prima formazione nel Paese con il 27%, davanti al Psoe al 25%, ma è in emorragia di consensi avendo perso circa 2,6 milioni di voti. La conquista di Barcellona e il testa a testa a Madrid di Podemos fanno pensare che se in primavera è “cominciato il cambiamento”, in inverno potrebbe esserci il terremoto vero e proprio per i partiti politici tradizionali.
E il vento critico nei confronti dell’Unione europea non soffia soltanto nei Paesi della crisi. Lo scorso 7 maggio la Gran Bretagna ha decretato lo schiacciante successo di David Cameron, che pur non essendo certo ai livelli di Nigel Farage e della sua euroscetticissima Ukip, non ha mai risparmiato critiche a Bruxelles ed ha lanciato la sua missione per “riformarla”.
Differente ma comunque significativo anche il risultato finlandese dove lo scorso aprile le elezioni sono state vinte sì dal Partito di Centro guidato dall’imprenditore di Oulu Juha Sipilä, che ha ottenuto la maggioranza relativa del 21,1%, ma la seconda formazione del Paese è risultata essere i Veri Finlandesi di Timo Soini, partito di destra, xenofobo e fortemente euroscettivo, che ha ottenuto il 17,6% dei consensi, una buona affermazione, seppur in leggerissimo calo rispetto all’ultima tornata.
“I venti della Grecia, della Spagna e della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”, ha scritto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel suo contributo sulla riforma dell’Unione europea inviato a Bruxelles. E a settembre si capirà da che parte soffia il vento in un altro Paese che durante la crisi ha subito in maniera fortissima le conseguenze delle politiche di austerità imposte dall’Europa, il Portogallo guidato al momento dal popolare Pedro Passos Coelho. Al momento l’attuale premier è dato perdente nei sondaggi con il Partito socialista che sta conquistando consensi. Alle ultime europee la sorpresa fu la coalizione rosso verde del Partito comunista alleato con gli ecologisti che raggiunse quasi il 13% delle preferenze, a cui si deve aggiungere il 4,6% ottenuto dal Bloco de Esquerda. Non ai livelli do Podemos e Syriza, ma comunque un segnale di qualcosa che si sta muovendo, e anche qui, non in una direzione favorevole all’attuale linea di Bruxelles.