Bruxelles – “Better regulation”. “Legiferare meglio” secondo un’infelice traduzione italiana. “Less regulation” o “legiferare meno” come viene invece chiamata dai suoi detrattori. Il piano presentato il 19 maggio dalla Commissione non è fra quelli che attirano maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica, ma la sua importanza è fondamentale. Si tratta, infatti, di riscrivere le regole del gioco normativo europeo avendo la capacità di non cambiare nemmeno una virgola dei Trattati. L’obiettivo è mettere in pratica la frase del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, “Non tutto ciò che è un problema per l’Europa deve esserlo anche per l’Unione Europea”. Legiferare meno, quindi, per legiferare meglio. Ma come? La percezione è che, se venisse approvato così com’è stato pensato, il piano della Commissione potrebbe scatenare una guerra fra istituzioni a colpi di analisi e contro-analisi dai costi incalcolabili e dal quale sarà difficile uscirne. Vediamo perché.
MAGGIORE EFFICACIA La Commissione vuole potenziare il programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (Refit), “che valuta la legislazione dell’Ue in vigore per renderla più efficace ed efficiente”. Tale programma, nato nel 2012, ha già permesso alla Commissione di ritirare diverse bozze di direttive perché giudicate inutili o ferme da troppo tempo nei cassetti dei co-legislatori.
All’interno di Refit verrà creata una nuova piattaforma con a capo il vice-presidente della Commissione, Frans Timmermans. Il nuovo comitato dovrebbe riunire degli esperti di alto livello appartenenti al mondo delle imprese, della società civile e dei partner sociali, del Comitato economico e sociale (Cese), del Comitato delle regioni e di ognuno dei 28 Stati Ue. I membri di questa piattaforma verranno nominati dallo stesso Timmermans alla scadenza di un bando pubblico che permetterà a chiunque di candidarsi. Nelle intenzioni della Commissione la procedura di selezione prenderà il via entro fine giugno, “la piattaforma sarà pienamente trasparente e avrà il suo sito internet” sul quale sarà pubblicato tutto il materiale prodotto. L’esecutivo risponderà a tutte le proposte della nuova piattaforma e spiegherà sistematicamente cosa intende fare.
Inoltre, la Commissione s’impegna a prendere conoscenza di tutti i pareri espressi attraverso una sezione del nuovo sito sul “legiferare meglio” chiamata “Aiutateci a ridurre le formalità – Dite la vostra opinione”, all’interno della quale chiunque potrà scrivere il proprio parere sulla semplificazione legislativa.
NUOVA PROCEDURA Un nuovo sito internet dovrebbe essere creato anche per permettere ai cittadini di seguire da vicino l’intero iter legislativo. Ogni volta che la Commissione preparerà una proposta o una valutazione di una legislazione esistente, verrà aperta una consultazione pubblica di 12 settimane durante la quale chiunque potrà dare il proprio parere.
Quando la Commissione presenterà il proprio testo, un ulteriore periodo di otto settimane verrà concesso a cittadini e stakeholders per trasmettere i propri commenti. Tali suggerimenti verranno poi raccolti dalla Commissione e presentati a Parlamento e Consiglio per “alimentare il dibattito al loro interno”.
La novità forse più importante della proposta targata Timmermans è che anche la cosiddetta legislazione secondaria sarà inclusa nel progetto per una maggiore trasparenza. Mentre gli esperti degli Stati membri saranno impegnati nella loro discussione, gli atti delegati saranno accessibili sul sito della Commissione e oggetto di consultazioni pubbliche per quattro settimane.
Stessa cosa anche per gli atti d’esecuzione: quelli “importanti” saranno resi pubblici per quattro settimane, anche se sono previste numerose eccezioni. Visti i tempi serrati richiesti per ogni consultazione, l’esecutivo si è impegnato a pubblicare online una lista indicativa degli atti in preparazione, così che le parti interessate possano organizzarsi. Nessun accenno, però, al fatto di rendere pubblici anche i nomi dei componenti dei cosiddetti gruppo d’esperti (che restano segreti), come auspicato anche dal mediatore europeo.
La Commissione vorrebbe anche che venisse redatto e pubblicato un memorandum per giustificare ogni nuova proposta legislativa e ogni atto delegato.
LE ANALISI D’IMPATTO Sono il cuore della proposta “legiferare meglio”. L’idea è che su ogni norma, in elaborazione o già in vigore, venga fatta un’analisi d’impatto e che su questa ci si basi per prendere le decisioni successive. Per questo la Commissione propone che le analisi vengano fatte lungo tutto il processo legislativo, e anche oltre, per monitorare l’efficacia di una legge. Parlamento e Consiglio dovranno commissionare delle analisi su ogni “modifica sostanziale” che vorranno apportare a un testo legislativo in discussione. Le due istituzioni avranno anche la possibilità di chiedere la creazione di un gruppo d’esperti indipendenti per analizzare se una proposta “crea dei diritti e dei doveri comprensibili per i partiti interessati e se evita costi sproporzionati”. Tale gruppo, che potrebbe esser chiamato a pronunciarsi nel caso di discordanze fra analisi già effettuate, sarà formato da tre esperti, uno per ogni istituzione, e dovrà “fornire un’analisi che deve tener conto di tutto il lavoro già fatto”. Anche in questo caso, l’idea della Commissione è di rendere pubbliche queste analisi “in un intervallo di tempo ragionevole”.
IL SUPER-COMITATO In questo intricato meccanismo di analisi e controanalisi, l’esecutivo comunitario ha già annunciato di voler inserire un ulteriore organo di garanzia. Una sorta di super-comitato prenderà vita dalle ceneri del già esistente comitato d’analisi d’impatto, nato nel 2006 all’interno della Commissione e oggi formato da sette membri (tutti direttori di una DG) più il presidente, che è il segretario generale aggiunto della Commissione. Con la riforma “better regulation”, l’assemblea si trasformerà in un comitato indipendente per il controllo normativo e i suoi membri saranno ridotti a sei (più il presidente). La metà di questi verranno reclutati fuori dalle istituzioni europee, selezionati “secondo le loro competenze attraverso procedure di selezione rigorose e oggettive”. Questi membri dovrebbero restare in carica per 3 anni e si dedicheranno a questo nuovo lavoro a tempo pieno. Dal documento presentato a Strasburgo, però, non si capisce se la regola di non-rinnovabilità del mandato riguarderà solo i membri esterni alle istituzioni o anche quelli interni.
Il ruolo di questo nuovo comitato sarà soprattutto quello di controllare la qualità delle analisi d’impatto realizzate dagli altri comitati e di “verificare se i metodi utilizzati sono conformi alle linee direttrici e alle buone pratiche”.
I NODI DA SCIOGLIERE Prendiamo ora come esempio un’ipotetica direttiva su una materia soggetta alla procedura di co-decisione, nella cui redazione quindi Parlamento e Consiglio hanno lo stesso peso. Nel meno complicato dei casi, il testo potrebbe essere oggetto di almeno quattro analisi d’impatto (ciascuna ovviamente redatta da “esperti di altissimo livello”), che a loro volta potrebbero essere sottoposte al giudizio del comitato indipendente per il controllo normativo.
In un tale labirinto di analisi sarà difficile capire chi sia più esperto degli altri in materia ed è arduo pensare che il tutto possa velocizzare l’iter legislativo. Sembra che il meccanismo di modifica di una direttiva sia stato reso talmente complicato da scoraggiare i co-legislatori. Inoltre, chi pagherà le analisi d’impatto? I partiti e le delegazioni dei Governi nazionali? Se così fosse, il rischio sarebbe di lasciare il monopolio degli emendamenti solo ai gruppi con maggiore disponibilità economica.
Ma i dubbi sulla “better regulation” non finiscono qui. La Commissione vorrebbe aprire entro giugno il bando per formare il comitato indipendente per il controllo normativo, senza specificare però quante persone ne entreranno a far parte. Considerando le parti chiamate in causa, difficile immaginare un’assemblea composta da meno di 70 membri. In che modo il comitato voterà le proprie prese di posizione? Gli Stati accetteranno di dividere una sorta di diritto di veto sulle normative europee con ong e sindacati?
Infine, l’intero programma della Commissione parte dall’assunto che la riduzione del carico burocratico dovrebbe portare a un risparmio di 150 miliardi di euro per le imprese nel medio termine. L’ipotesi è quindi che il volume della legislazione sia inversamente proporzionale alla prosperità dell’Ue. Siamo sicuri che il costo dell’Europa sia superiore a quello della non-Europa?
Timmermans vorrebbe raggiungere un accordo inter-istituzionale entro la fine del 2015, un’ipotesi forse troppo ottimistica considerati i tanti nodi ancora da sciogliere.