Strasburgo – “Minerali insanguinati”, “minerali dei conflitti”. Due espressioni che indicano la stessa cosa: i minerali provenienti da Stati falcidiati da guerre e miseria, dove il business dell’estrazione è in mano ad amministrazioni corrotte, bande armate sanguinarie o ricchi signori locali. Si tratta di stagno, tantalio, tungsteno e oro, provengono principalmente dall’Africa e sono usati soprattutto nella fabbricazione di dispositivi elettronici come telefoni cellulari e tablet, ma anche di automobili e illuminazioni. Il mercato europeo ne è pieno, nonostante l’opinione pubblica spesso non ne sia al corrente. Ora il Parlamento Ue ha chiesto di dire “basta” a questa pratica considerata immorale approvando con 402 voti favorevoli, 118 contrari e 171 astensioni, un emendamento alla proposta della Commissione che introduce la tracciabilità obbligatoria per le circa 800 mila imprese dell’Unione.
La principale differenza fra il testo promosso dagli eurodeputati e quello originale dell’esecutivo comunitario sta proprio nel carattere obbligatorio della tracciabilità. Per garantire una corretta verifica, il Parlamento propone poi che le fonderie di metallo e le raffinerie d’oro vengano sottoposte a un audit obbligatorio, svolto da soggetti terzi e indipendenti, per controllare se queste applicano le regole del “dovere di diligenza”. Inoltre, i deputati chiedono anche alla Commissione di concedere un supporto finanziario, attraverso il programma Cosme dell’Ue (programma per la competitività delle grandi imprese e pmi), alle micro e piccole-medie imprese che desiderano ottenere la certificazione. Dopo il voto del Parlamento, ora la palla passa nelle mani del Consiglio, che dovrà a sua volta esprimere la propria posizione sull’argomento. In seguito, le due istituzioni avvieranno i negoziati per approvare il testo definitivo della legge.
“I membri del Parlamento europeo hanno fatto la storia votando in favore di una legge forte e obbligatoria per contrastare il commercio mortale sui minerali insanguinati” hanno esultato le Ong Amnesty International e Global Witness. “Ce l’abbiamo fatta! Il Parlamento europeo ha approvato la nostra proposta” ha subito twittato Gianni Pittella, capogruppo dei socialisti e democratici. “Oggi abbiamo smascherato il cuore di tenebra della destra europea sensibile all’influenza delle lobby – gli ha fatto eco Patrizia Toia, capodelegazione degli eurodeputati Pd -. Ora ci auguriamo che il percorso legislativo del regolamento proceda senza intoppi”. Sulla stessa linea anche Guy Verhofstadt, presidente del gruppo Alde. Il testo è “una buona base sulla quale negoziare – ha dichiarato – e noi speriamo che il Consiglio sappia a sua volta prendersi le proprie responsabilità davanti a questo traffico della morte”.
Meno entusiasti per il voto del Parlamento sono invece apparsi i popolari, più favorevoli alla proposta originale della Commissione. “Supportando l’approccio volontario noi vogliamo evitare distorsioni ed effetti negativi, come un embargo de facto – ha spiegato in aula l’eurodeputato Ppe Iuliu Winkler -. La certificazione obbligatorie potrebbe significare la scomparsa di posti di lavoro da entrambi i lati: sia quello europeo sia quello delle comunità locali nelle zone di conflitto”. “La nostra prima valutazione mostra che alcuni emendamenti sono molto diversi rispetto alla nostra proposta, che era incentrata sulla strettoia del ciclo di approvvigionamenti (come fonderie e raffinerie). La fattibilità degli emendamenti adottati avrà bisogno di essere valutata scrupolosamente”, è stata la reazione della Commissione europea. Anche Businesseurope, l’organizzazione che raccoglie le confederazioni degli industriali europei, per voce della direttrice delle relazioni internazionali, Luisa Santos, in un’intervista a Vita ha fatto sapere di preferire l’approccio volontario al carattere obbligatorio della normativa. “Non possono essere le imprese a risolvere questo tipo di problemi, bensì la politica” ha dichiarato Santos, in risposta all’azione portata avanti proprio da un’istituzione politica: il Parlamento europeo.