Città del Lussemburgo – Non c’è stata nessuna forzatura da parte dell’ex presidente dell’esecutivo comunitario Josè Manuel Barroso nelle dimissioni rassegnate dall’allora commissario europeo alla Salute e alla protezione dei consumatori John Dalli. A stabilirlo è il Tribunale dell’Unione europea che ha respinto il ricorso presentato dall’ex commissario maltese negandogli, di conseguenza, la possibilità di ricevere un indennizzo. La sentenza arriva a due anni e mezzo di distanza dalle dimissioni prima rassegnate e poi smentite di Dalli, avvenute il 16 ottobre del 2012.
L’allora commissario maltese era finito al centro di una vicenda mai completamente chiarita di presunta corruzione. Secondo un rapporto presentato da Olaf, l’Ufficio anti-frode europeo, Dalli avrebbe tenuto all’oscuro gli uffici competenti della sua partecipazione a diverse riunioni non ufficiali con i rappresentanti dell’industria del tabacco proprio nei giorni in cui stava elaborando la direttiva sull’argomento. L’Olaf aveva sostenuto che con il suo comportamento il commissario aveva compromesso la reputazione dell’intero esecutivo comunitario davanti ai produttori di tabacco e all’opinione pubblica. Un parere condiviso anche da José-Manuel Barroso, primo presidente nella storia dell’Unione ad aver risposto ai giudici del Tribunale Ue in qualità di testimone. “Se l’integrità di un membro della Commissione è chiamata in causa, l’integrità dell’intera istituzione rischia di essere danneggiata” e allora “è compito del Presidente di proteggerla”, aveva dichiarato davanti alla Corte.
Il 16 ottobre 2012 Barroso e Dalli si incontrarono per discutere del rapporto Olaf, ma è proprio a questo punto che la vicenda si tinge di giallo. Il maltese sostiene che Barroso gli abbia imposto di lasciare la sua poltrona invocando l’articolo 17 (paragrafo 6) del Trattato sull’Unione europea, secondo il quale “un membro della Commissione rassegna le dimissioni se il presidente glielo chiede”. La versione ufficiale dell’esecutivo, invece, riporta che Dalli in quell’occasione si è dimesso di sua spontanea volontà.
Proprio attorno al nodo della volontarietà delle dimissioni s’incentra il ricorso presentato dall’ex commissario alla Salute davanti al Tribunale Ue. I giudici, però, hanno dato ragione alla Commissione sostenendo che sia stato lo stesso Dalli a confermare in più occasioni di non far più parte dell’esecutivo comunitario, salvo poi ritornare sui suoi passi qualche giorno dopo. Il maltese avrà ora a disposizione due mesi per presentare un eventuale ricorso contro la sentenza del Tribunale.
“La decisione della Corte di giustizia non mette fine a questo scandalo – ha dichiarato José Bové, parlamentare europeo dei Verdi -. Nulla è stato giudicato sulla questione di fondo. Il problema è sapere se John Dalli è colpevole di tentativo di corruzione oppure è stato vittima dei maneggi degli industriali del tabacco e, in particolare, di Philip Morris e del suo partner svedese Swedish Match”. A più riprese, ha continuato il membro della Commissione per il controllo dei bilanci, “insieme a Bart Staes (anch’egli parlamentare europeo verde, ndr), abbiamo accusato pubblicamente Giovanni Kessler, Direttore generale dell’Olaf, di aver manipolato l’inchiesta. Queste accuse particolarmente gravi non hanno mai dato luogo alla minima reazione pubblica da parte di Olaf o della Commissione europea”.