Bruxelles – “Onestamente, il risultato dell’ultimo Consiglio europeo è stato deludente”. Dopo il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, ora anche il suo vice Frans Timmermans si unisce al coro dei critici verso le (poche) decisioni prese dai capi di stato europei durante il summit straordinario sull’immigrazione del 23 aprile. “È sbagliato dire che siano i singoli Stati a doversi far carico di questo fenomeno. È sbagliato permettere di volgere lo sguardo altrove a chi non è colpito direttamente dal problema, mentre chi il problema ce l’ha deve trovare il modo di risolverlo” ha rincarato la dose Timmermans durante il suo intervento al convegno “The state of the Union”, a Firenze. Dichiarazioni che stridono con quanto affermato da Matteo Renzi pochi istanti dopo la fine del Consiglio europeo. Il premier italiano, aveva parlato di “un passo avanti clamoroso” per l’Unione europea nella gestione delle politiche migratorie. Un concetto in qualche modo ripetuto anche qualche ora dopo l’intervento di Timmermans, quando lo stesso Renzi ha preso la parola davanti al pubblico riunito a Palazzo Vecchio. “Gli effetti si vedranno nelle prossime settimane ma io ho molta fiducia – ha dichiarato il premier -. Non possiamo però andare avanti solamente risolvendo situazioni di emergenza”.
Renzi si è detto “orgoglioso” dell’Italia per aver chiesto e ottenuto che fosse organizzato il Consiglio europeo straordinario all’indomani della più grave tragedia mai avvenuta nel canale di Sicilia. Poco prima, Timmermans aveva dato ragione all’Italia sostenendo la necessità di una “soluzione comune”. “I migranti sbarcano qui ma poi vanno principalmente in Germania e in Svezia – ha spiegato il vicepresidente della Commissione -. Queste persone si muovono verso 10 Stati membri su 28, quindi il problema è europeo e nessuno può chiamarsi fuori”. Un concetto già stato espresso il 29 aprile da Jean-Claude Juncker, che davanti al Parlamento europeo aveva definito “immediata ma insufficiente” la risposta data dal Consiglio europeo.
Davanti al pubblico di Firenze, Timmermans non si è limitato a parlare solo delle politiche migratorie (il 13 maggio la Commissione presenterà la propria agenda completa sull’argomento). Grande spazio è stato dato anche al cosiddetto “euroscetticismo”. “Non facciamo l’errore di pensare che gli euroscettici abbiano sempre torto – ha spiegato il vicepresidente della Commissione – Molti punti da loro sollevati sono giusti. Dobbiamo migliorare tante cose all’interno dell’Unione europea e ci sono istituzioni che non stanno agendo al livello delle aspettative dei cittadini. Ma l’euroscetticismo fa parte di un fenomeno più ampio che riguarda tutte le istituzioni, anche nazionali, e non solo governative. Chiese e banche, ad esempio, stanno accusando lo stesso fenomeno”. “Non è la rabbia della minoranza che ci preoccupa, ma l’indifferenza della maggioranza” ha proseguito Timmermans, secondo il quale la chiave per avvicinare i cittadini alle istituzioni europee è in mano ai governi nazionali, che “devono assumersi le proprie responsabilità, smettere di dare la colpa all’Europa se tutto va male e prendersi qualche merito se le cose vanno bene”.
Un’Unione più democratica e politica, dotata di un esercito comune e capace di raggiungere obiettivi davvero ambiziosi. Questo il sogno del vicepresidente, che ha anche ammesso di essersi sbagliato nel criticare l’utilità del sistema dello spitzenkandidat, che permette a ogni partito europeo di designare il proprio candidato presidente della Commissione in modo da stabilire un legame diretto fra le elezioni e la nomina del capo dell’esecutivo. “Questo meccanismo ha reso Juncker molto più indipendente rispetto ai presidenti del passato dandogli un ruolo più politico” ha spiegato Timmermans.