Bruxelles – Per la prima volta dall’inizio della crisi finanziaria il tasso d’impiego della popolazione dell’Unione europea tra i venti e i sessantaquattro anni è salito al 69,2%. Una buona notizia anche perché ci si avvicina, senza tuttavia raggiungerlo, al picco del 70,3% rilevato nel 2008, prima della crisi. Questo è quanto emerge da un’indagine sul 2014 dell’Eurostat, l’ufficio statistico dell’Ue, secondo cui il tasso di occupazione femminile sarebbe aumentato costantemente a partire dal 2010 fino a raggiungere il 63,5% l’anno scorso.
Entro il 2020 l’obiettivo sarebbe quello di innalzare almeno al 75% il tasso di occupazione, e a questo fine a ogni Stato membro sono stati attribuiti degli obiettivi specifici. I Paesi più virtuosi sono Svezia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Danimarca, con gli occupati che oscillano tra il 75% e l’80%; mentre al contrario i peggiori sono Grecia, Croazia, Spagna e Italia, con un tasso tra il 50% e il 60%.
Nei Paesi nordici inoltre è inferiore la differenza tra percentuale di maschi e di femmine occupati. In Finlandia è inferiore al 2%, in Lituania è del 2,5%, mentre in Lettonia e in Svezia è inferiore al 5%. All’opposto, il primato negativo è di Malta, con uno scarto del 28,4%; ma divari rilevanti si registrano anche nel nostro Paese, con quasi il 20%, in Grecia, in Romania e nella Repubblica Ceca, dove invece oscillano tra il 17% e il 18%, a fronte di una media europea dell’11,5%.
Per quanto riguarda le persone tra i cinquantacinque e i sessantaquattro anni il tasso d’impiego più elevato è stato rilevato in Svezia (74%), seguita dalla Germania, dall’Estonia e dalla Danimarca (tra il 65% e il 66%), e poi da Regno Unito e Paesi Bassi (attorno al 61%). I tassi di occupazione più bassi invece relativi a questa fascia d’età, con dati tra il 34% e il 38%, sono quelli di Grecia, Slovenia, Croazia e Malta.