“La green economy e l’economia circolare hanno un ruolo chiave da giocare nella creazione di posti di lavoro, nella riduzione della povertà, e in un nuovo modello di competitività e crescita economica. Questo è il modello del futuro, non è negoziabile”. Luca Jahier, presidente del gruppo “Various interest” (agricoltori, consumatori, ambientalisti, associazioni delle famiglie, ONG ecc.) del Comitato economico e Sociale europeo, organo consultivo e di proposta delle istituzioni europee, lo spiega in questa intervista a Eunews concessa in vista della due giorni di discussione sulla crescita verde che si svolgeranno a Bruxells il cinque e sei maggio.
La green economy, così come l’economia circolare, sembrano essere fra i progetti di sviluppo più importanti dell’Unione, che sta cercando di portare l’Europa fuori dalla crisi. Non parliamo solo di protezione dell’ambiente: dal suo punto di vista privilegiato, tali progetti hanno davvero il potenziale necessario? Da essi può venire una spinta decisiva ad uscire dalla crisi?
Sia la green economy sia l’economia circolare lottano per ottenere uno sviluppo sostenibile, equo, olistico, dove la crescita economica non sia l’unico metro di giudizio del progresso. La transizione verso la green economy è una parte importante di questo processo, un’opportunità per creare nuovi modelli economici basati meno sull’importazione di materie grezze e prezzi sempre più volatili. Al contrario, sarà basata più sul rispetto dell’ambiente, sull’efficienza delle risorse e sull’equità sociale. Eppure questo nuovo modello economico si potrà raggiungere solo attraverso un’azione politica coordinata di tutti gli attori, gli avanzamenti tecnologici, i cambiamenti alle politiche sull’energia, l’industria, l’agricoltura, nonché le modifiche al cambiamento sia dei produttori sia dei consumatori. In modo determinante, la green economy e l’economia circolare hanno un ruolo chiave da giocare nella creazione di posti di lavoro, nello sviluppo delle competenze, nella riduzione della povertà, nel fornire un lavoro decente e in un nuovo modello di competitività e crescita economica. Questo è il modello del futuro, non è negoziabile, ed ha ripercussioni su una miriade di dimensioni delle nostre vite; necessita di essere affrontato urgentemente, ambiziosamente e coerentemente. Abbiamo bisogno di compiere un notevole passo avanti nella fiducia che abbiamo in un futuro sostenibile.
Il ruolo dei cittadini, di ognuno di noi, è fondamentale per lo sviluppo di buone pratiche “verdi”. Secondo lei, la società civile europea è pronta a fare la sua parte, sia con gesti quotidiani sia attraverso il sostegno a scelte politiche che vadano in questa direzione?
Non c’è alcun dubbio sul fatto che la reale implementazione di una strategia globale per lo sviluppo sostenibile, incluso lo sviluppo della green economy, sarà possibile solo quando i leader politici saranno oggetto di pressioni ‘dal basso’. Progettare e lanciare un modello di green economy in Europa richiede partnership, scambio di buone pratiche, trasparenza, accountability e partecipazione attiva. Di conseguenza i cittadini, le attività dal basso, la società civile organizzata, i progetti e le comunità locali hanno un ruolo centrale da giocare nello stimolare l’agenda, nell’accrescere la consapevolezza, nell’aiutare a superare le paure pubbliche riguardanti le economie sostenibili e nel motivare gli altri cittadini affinché diventino cittadini attivamente coinvolti. In tutta Europa, sono proprio i progetti locali di piccola dimensione che incentiveranno la autorità pubbliche e forniranno soluzioni ai problemi locali. Non dimentichiamo neppure che la società civile e le entità popolari sono per loro stessa natura molto creativi, dinamici, molto motivati e flessibili.Come conseguenza, le soluzioni che propongono per rendere più verde la nostra economia saranno di certo innovative. Speriamo che essi possano anche imparare dall’economia sociale, che ha una lunga esperienza nella costruzione di modelli aziendali sostenibili con obiettivi sociali ed ambientali.
Ciò che è certo è che “rendere l’economia più verde” è responsabilità di ciascuno di noi e non solo dei politici e delle istituzioni. Tutti possiamo contribuire allo sviluppo sostenibile della nostra città, regione, nazione, dell’intero globo. Anche il progetto europeo riguarda questo: un’Europa che rispetti il principio di sussidiarietà e che trovi soluzioni locali a problemi globali.
L’Unione Europea, ed in particolare la Commissione, sembra sempre intrappolata fra la spinta verso una seria battaglia al climate change e quella verso la difesa degli interessi delle aziende. Secondo lei, l’Unione sta facendo abbastanza in campo “verde”, oppure manca qualcosa? L’Unione dovrebbe forse essere più coraggiosa?
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha reso prioritarie l’efficienza energetica e la necessità di combattere il climate change. L’UE è diventata leader di tale situazione, guida di un difficile processo. Le negoziazioni sul pacchetto energia e climate change 2030, una Conferenza delle Parti (COP) a livello europeo, hanno dimostrato che è estremamente difficile implementare ciò che la COP tenta di ottenere, cioè la creazione di chiare responsabilità nazionali. Per questo, e certamente a livello globale; è imperativo che venga ricostruita la fiducia e che sia nelle negoziazioni sia nei risultati politici ci sia una chiara comprensione degli scopi di stabilire una politica ambiziosa di climate protection. Tutto ciò non viene fatto per guadagnare vantaggi economici su altre nazioni o settori, viene fatto per assicurare la sostenibilità del nostro sistema climatico che è comune a noi tutti. Fondamentalmente, il costo della prevenzione oggi sarà decisamente minore di quello della riparazione domani. La Commissione Europea ha un ruolo fondamentale in questo processo, ma ce l’hanno anche i governi nazionali e i co-legislatori dell’Unione con un considerevole potere di persuasione sulle industrie del settore privato che operano nelle loro nazioni. In questo senso, gli Stati Membri possono incoraggiare lo sviluppo di industrie innovative, introducendo ambienti regolatori favorevoli e incentivi finanziari. L’Unione Europea ha coraggio, ora tutti gli altri attori devono viaggiare nella stessa direzione!