Roma – “Dopo anni di rinvii, noi ci prendiamo le nostre responsabilità in Parlamento e davanti al Paese”. Così il premier spiega su Twitter la scelta di porre la questione di fiducia sull’italicum, la riforma della legge elettorale in esame alla Camera per il via libero definitivo. Un provvedimento che “tra cinque anni ci copierà mezza Europa”, sosteneva il premier un mese fa, perché è convinto serva a stabilire con certezza un vincitore delle elezioni e a dare governabilità al Paese.
Per alcuni, la decisione di ricorrere al voto di fiducia è una dimostrazione di forza del presidente del Consiglio, che in questo modo dimostrerebbe di poter andare avanti sulle riforme, superando anche le resistenze interne al suo partito. Lo confermano, indirettamente, le parole del vice segretario del Pd Lorenzo Guerini: “La fiducia, arrivati a questo punto, è l’unico modo per suggellare l’impegno politico preso apertamente dal presidente del Consiglio e per quanto ci riguarda anche dal Pd”. Nel finale della frase di Guerini l’allusione alla minoranza dem, che infatti non ha gradito la scelta dell’esecutivo. Gianni Cuperlo la giudica “uno strappo ingiustificabile”. Altri esponenti della minoranza, tra i quali Alfredo D’Attorre, Roberto Speranza, Stefano Fassina e Pippo Civati, hanno già annunciato che non prenderanno parte al voto di fiducia.
L’annuncio del ricorso alla fiducia, affidato al ministro per le riforme Maria Elena Boschi, in Aula ha mandato su tutte le furie le opposizioni, le quali si sono spinte fino all’accusa di “fascismo renziano”, con il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta. Dello stesso tono i richiami del Movimento cinque stelle, che ha rievocato il precedente della legge elettorale firmata da Giacomo Acerbo, approvata con voto di fiducia nel 1923, in pieno regime fascista. Anche dai banchi di Sel l’accusa è analoga, i deputati del partito di Nichi Vendola hanno inscenato il funerale della democrazia, lanciando crisantemi verso il centro dell’Emiciclo.
Il calendario delle votazioni prevede lo svolgimento, tra domani e giovedì, di tre voti di fiducia su altrettanti articoli del testo. Il voto finale arriverà a maggio, ma la data non è ancora stata fissata dalla conferenza dei capigruppo.