Bruxelles – Che a Mosca piaccia o meno fa poco differenza, la zona di libero scambio tra Unione europea e Ucraina sarà in vigore a partire dal 1 gennaio 2016. A confermarlo è lo stesso presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che, prendendo parte a Kiev al primo summit Ue-Ucraina dopo la firma dell’accordo di associazione, chiude la porta ad ogni ulteriore possibile rinvio. “Confermo che sia la Commissione europea sia il Consiglio europeo fanno di tutto perché l’area di libero scambio sia operativa” dall’inizio del prossimo anno, tiene a sottolineare il capo dell’esecutivo Ue. “Si tratta di un’indicazione importante – chiarisce anche lo stesso Juncker – perché altri vogliono posporre ma non crediamo sia un’idea saggia e buona”.
Un chiaro messaggio indirizzato a Mosca, fortemente preoccupata per i possibili contraccolpi negativi che un accordo commerciale tra Kiev e Bruxelles potrebbe avere sulla sua economia. Il problema, già sorto poco dopo la firma dell’accordo di associazione tra Ue e Ucraina nel giugno 2014, è già stato affrontato nel corso di incontri trilaterali con la Russia dopo i quali si era convenuto di posticipare l’entrata in vigore delle agevolazioni commerciali di ben 15 mesi fino ad arrivare appunto al 1 gennaio 2016. Bruxelles aveva comunque deciso unilateralmente di garantire un accesso privilegiato ai prodotti ucraini sul mercato Ue fino all’entrata in vigore del nuovo regime. Da poco sono ripresi i dialoghi a tre tra Ue, Russia e Ucraina sulla messa in atto del cosiddetto Dcfta (Deep and Comprehensive free trade area) e Mosca non molla la presa insistendo per un ulteriore rinvio fino a inizio 2017. Ma questa volta non ci sarà nulla da fare, chiarisce Juncker: “Abbiamo già rimandato abbastanza e non vogliamo posporre ancora”.
Insomma Ue e Ucraina sono sempre più vicine e nelle ambizioni di Kiev non soltanto dal punto di vista commerciale. La prospettiva per cui Kiev sta portando avanti un vigoroso piano di riforme è l’adesione all’Unione europea “un obiettivo fondamentale della nostra strategia”, non nasconde il presidente, Petro Poroshneko. “Siamo ambiziosi ed è per questo che nei prossimi cinque anni dobbiamo assicurare l’effettiva attuazione dell’Accordo di associazione e realizzare tutte le condizioni necessarie per presentare domanda di adesione all’Ue”. Un obiettivo ambizioso che il presidente ucraino rifiuta di vedere come poco realistico: “La tesi che l’Ucraina è in ritardo sul suo cammino di riforme non corrisponde a verità”, assicura. Più realistico Juncker secondo cui “l’adesione dell’Ucraina all’Ue non è una questione di immediata attualità”, ma Kiev “è già parte della famiglia europea”, una “nazione amica con cui vogliamo fare grandi cose e – garantisce il presidente della Commissione – non accetteremo che gli altri ci impediscano di fare grandi cose insieme”.
L’appoggio europeo a Kiev, però, non si spinge fino al dare una risposta positiva alle pressanti richieste ucraine sull’invio di una missione di peacekeeping europea nell’Est del Paese. “La discussione su questo è stata molto realistica: conosciamo le richieste ucraine ma oggi non è possibile mandare una missione militare”, taglia corto il presidente del Consiglio, Donald Tusk. L’Ue ha già inviato, a partire da luglio 2014, una missione civile per assistere il processo di riforma del settore della sicurezza nel Paese e sta supportando la missione Osce per il monitoraggio del rispetto degli accordi di Minsk. Ora, annuncia Tusk, l’Ue invierà anche “il prima possibile” una missione di valutazione per decidere se inviare ulteriori missioni sotto il cappello della politica di sicurezza e difesa comune dell’Ue ma, chiarisce bene il presidente del Consiglio europeo, “si parla di missione civile, non militare”.