Let me in, immigration man! Fammi passare, addetto all’immigrazione! E’ il ritornello di una canzone scritta nel 1972 da Graham Nash, stella del rock di allora e cittadino britannico, furioso per essere stato bloccato per ore dall’Immigrazione Usa in aeroporto. E la dice tutta su quanto sia sempre stata rigida, fino anche all’ottusità, la difesa americana dei confini nei confronti dei migranti, anche se di lusso. Nel 2014 le guardie degli Stati al confine meridionale hanno fermato mezzo milione di persone, di cui poco meno della metà messicane e il resto centro e sud americani. Lì, tra Arizona, Texas e New Mexico, non c’è il mare, come tra Europa e Africa, ma il deserto. Invece di annegare come nel Mediterraneo si muore arrostiti. A migliaia, come mostra questa terribile contabilità tenuta su Google Maps da un residente di Tucson http://www.sleeplessintucson.com/p/southern-arizona-border.html.
Ma nonostante i fermi e i morti, le cifre dell’immigrazione, legale e illegale, negli Stati Uniti sono enormi, se paragonate a quelle europee. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio del Censo americano negli ultimi otto anni sono entrati in 51 milioni, una cifra pari all’82% dell’aumento della popolazione americana nello stesso periodo. Lo stesso ufficio calcola che entro il 2023 un americano su sette sarà un immigrato, e nel 2060 uno su cinque, in totale quasi 80 milioni. Un fenomeno imponente che ha i suoi vantaggi. Gli Usa sono l’unico paese avanzato che non ha un problema demografico di invecchiamento, come tutti i paesi europei e il Giappone. L’immigrazione sarà un grande tema della campagna presidenziale del 2016, ma non necessariamente a senso unico, Democratici a favore e Repubblicani contro. Gli immigrati sono anche voti, e il corteggiamento è molto forte. Uno dei possibili candidati repubblicani è il texano Ted Cruz, un cognome che non lascia dubbi da dove viene.
Per trovare livelli di immigrazione come quelli attuali bisogna tornare indietro di 100 anni, all’inizio del 900, quando però arrivavano dall’Europa. E in percentuale, come mostra il grafico sotto, erano ancora di più.
Dei 40 e passa milioni di immigrati che vivono oggi in America, oltre 12 milioni sono illegali. Quest’anno ne arriveranno altri 70.000. Ma quelli legali in arrivo sono molti di più, sempre quest’anno è previso il rilascio di 1,1 milioni di green card, l’equivalente americano dei permessi di soggiorno. E in più ci sono altri 4,4 milioni in lista d’attesa per ricongiungersi con parenti che vivono già legalmente in Usa. La popolazione immigrata cresce a un ritmo quattro volte superiore a quella dei nativi americani. Eppure, nonostante numeri impressionanti rispetto a quelli europei, il tema immigrazione in America è vissuto in termini molto più pragmatici e meno emotivi rispetto all’Europa, con schieramenti pro e contro molto meno netti e prevedibili. Anche in America ovviamente ci sono i Salvini e le Le Pen, ma sono più fenomeni di colore che politici con un seguito elettorale.
Uno dei fattori che fa la differenza è quello che le due aree hanno al confine Sud. L’Europa ha il Mediterraneo e sull’altra sponda una mezza dozzina di stati con capacità molto diverse di controllo del territorio. L’America a Sud confina solo con il Messico, che è legato a Stati Uniti e Canada dal Nafta, un trattato simile a quello del Mercato Unico solo che prevede la libera circolazione delle merci, ma non delle persone. Per quelle ci vuole il visto. Il Messico è un partner sempre più attivo nel contrastare i flussi migratori che vengono da Sud. Solo nei primi due mesi dell’anno ha rimpatriato oltre 25.000 migranti provenienti dal Centro America, soprattutto El Salvador e Guatemala, prima che raggiungessero il Rio Grande. Se l’Europa avesse un Messico sulla sponda Sud del Mediterraneo la gestione del problema degli immigrati sarebbe sicuramente più efficace e meno caotica.
L’altro fattore fondamentale che rende l’Europa meno preparata degli Americani è che per il vecchio continente l’immigrazione esterna è un fatto relativamente nuovo, accentuato dagli ultimi anni di instabilità dei paesi nordafricani e mediorientali. L’America è una nazione costruita sull’immigrazione e, soprattutto, che continua a crescere proprio grazie all’immigrazione. L’Europa è vecchia come lo sarebbe l’America senza immigrati. E deve sostenere costi crescenti per mantenere anziani che aumentano costantemente senza essere sostituiti da giovani generazioni che in America invece ci sono grazie proprio agli immigrati. Per l’America il problema è modulare la leva potente dell’immigrazione evitando tensioni sociali ed economiche eccessive. Per l’Europa la sfida è trasformare l’immigrazione da problema in leva per la crescita, affrontandola con molto pragmatismo. Ad esempio, si è discusso per decenni in Italia sulle gabbie salariali, vale a dire retribuzioni differenziate per aree geografiche. Sarebbe una bestemmia parlarne a proposito degli immigrati? Nell’Europa e nell’Italia di oggi, ossessionate agli estremi opposti dai sensi di colpa e dalla xenofobia, probabilmente sì.