Bruxelles – Nessuna rivoluzione nella gestione dell’emergenza nel Mediterraneo e nessun Mare nostrum europeo in arrivo. Tra le ipotesi che verranno discusse domani nel Vertice straordinario dei capi di Stato e di governo non ci sarà nemmeno l’ipotesi di un cambiamento nel mandato di Triton, l’operazione Ue per il controllo dei confini, ma solo un suo rafforzamento per quanto riguarda le risorse.
“Il cambiamento del mandato di Triton non è tra le possibilità che verranno discusse”, spiega un’alta fonte del Consiglio europeo. Questo significa che Frontex gestirà come sempre solo un’operazione di controllo dei confini, e non di ricerca e salvataggio, e che rimarrà relegata nell’attuale area di 30 miglia marine, 12 di acque territoriali italiane e 18 miglia di acque internazionali, niente di più. Certo le risorse verranno aumentate, forse raddoppiate, e passeranno dagli attuali 3 milioni di euro al mese a circa sei, come pure verranno aumentati gli assets. Al momento ci sono 65 agenti e 12 mezzi tra cui due aeromobili, un elicottero, due pattugliatori open shore, sei navi costiere e una motovedetta. Ma al di là dei proclami roboanti non ci sarà niente di simile a Mare Nostrum, la missione umanitaria lanciata dall’Italia nel 2013 e mirata a garantire la salvaguardia della vita in mare delle persone in arrivo sui barconi e le cui navi coinvolte si spingevano fino alle coste libiche. Anche se il cambiamento del mandato era stato paventato da più parti a Bruxelles “quando si è discusso tra gli Stati solo Italia, Grecia e Malta si sono mostrati favorevoli, mentre da tutti gli altri Paesi c’è un’indicazione molto chiara a non volere mettere la questione sul tavolo”, rivela una fonte diplomatica italiana. La discussione da questo punto di vista, evidenzia la fonte, “è identica a quella che ci fu nel 2013” quando l’Italia istituì da sola Mare Nostrum. Nulla è cambiato, nella volontà degli Stati, nemmeno dopo le ultime tragedie. Certo sul versante “ricerca e salvataggio” qualche miglioramento potrebbe comunque esserci come conseguenza dell’aumento delle risorse, visto che “comunque restano in vigore le leggi del mare e questo vuol dire che in ogni caso le navi europee saranno obbligate a rispondere ad eventuali richieste di soccorso”.
Dovrebbe invece ottenere domani l’appoggio degli Stati il via libera ad un progetto pilota di resettlements, per redistribuire in Europa 5mila rifugiati politici, ma le loro domande dovranno essere esaminate fuori dall’Ue e quindi il provvedimento non varrà per chi ha già attraversato i nostro confini. Nessun cambiamento insomma del regolamento Dublino III, un’altra ipotesi che verrà rimandata a data da destinarsi. Più problematica l’altra proposta della Commissione, quella di una riallocazione di emergenza, ovvero di una redistribuzione dei migranti che sono già arrivati nell’Ue, ad esempio in Italia o a Malta. Anche questo progetto deve fare fronte all’aperta ostilità di alcuni Paesi ed appare scontato che non sarà raggiunto un accordo per rendere “obbligatoria” la partecipazione al meccanismo di riallocazione. Dal vertice di domani potrebbe piuttosto uscire, spiegano ancora fonti italiane, “il consenso per una partecipazione su base volontaria”.
Ultimo punto in discussione quello dell’operazione di tipo militare per distruggere le navi degli scafisti prima che vengano utilizzate. Una discussione che rappresenta solo il punto di partenza di un’iniziativa che richiederà più tempo, in parte per la difficoltà dell’intervento e in parte perché per l’operazione serve qualche forma di mandato da parte delle Nazioni Unite. Tutto resta ancora da definire ma pare sempre più probabile che l’Italia sia candidata ad un ruolo “sostanziale” in essa.