“C’è un trattato fantasma che si aggira per l’Europa”. Così Elena Mazzoni, coordinatrice italiana della campagna Stop Ttip, definisce l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti contro il quale “oggi manifestiamo in tutto il mondo”, mentre lunedì partirà il nono round di negoziati. La giornata di mobilitazione internazionale vedrà “in Europa 550 iniziative” e “75 eventi negli Usa”, oltre a manifestazioni nel resto del Mondo, spiega Mazzoni. La protesta si oppone a “tutti i trattati commerciali”, aggiunge, e quindi anche “al Tisa (accordo sulla liberalizzazione dei servizi tra Usa e Ue) e al Ceta (il trattato commerciale tra l’Unione e il Canada, già siglato e in attesa di ratifica)”.
Eunews: Perché considerate il Ttip un fantasma?
Mazzoni: Per il fatto che è stato a lungo segreto e il mandato è stato declassificato solo nell’ottobre 2014. La segretezza della trattativa lo ha reso un fantasma per i cittadini, che non conoscono nulla di questo trattato e le poche informazioni che hanno sono per la maggior parte di propaganda.
E.: A cosa puntate con la vostra campagna?
M.: Vogliamo che il Ttip vada a naufragare.
E.: Perché? Non lo si può migliorare?
M.: Noi non crediamo di avere la verità in tasca, per cui siamo disponibilissimi a qualsiasi confronto. Ma il trattato, così com’è, non è emendabile dal Parlamento europeo, che può dire solo sì o no. Inoltre, non c’è accesso né possibilità di ascolto per la società civile. La segretezza delle trattative ha impedito una analisi approfondita di alcuni aspetti, che potrebbero anche essere di crescita. La mancata trasparenza non è stata positiva neanche per i sostenitori del Ttip.
E.: Alle accuse sull’opacità delle trattative, l’Ue ha risposto declassificando il mandato negoziale e organizzando occasioni di dibattito pubblico. Non ritenete sufficienti queste iniziative?
M.: No, non bastano. Ancora la trasparenza non è assolutamente sufficiente. Ci sono parlamentari europei i quali hanno denunciato che nella ‘red room’, la stanza dove possono accedere ai testi negoziali, non si può entrare con il cellulare e non si possono neppure prendere appunti. Il semestre di presidenza italiano dell’Ue è servito sicuramente per la declassificazione del mandato, che per altro era già stata chiesta dalle associazioni della società civile, ma il grado di trasparenza del negoziato rimane insufficiente.
E.: Alcuni fautori del Ttip trovano strano che sia insorta una opposizione proprio contro questo trattato, mentre altri siano passati senza incontrare particolari resistenze, come ad esempio il Ceta.
M.: Il trattato con il Canada ha vissuto una fase ancora minore di trasparenza. Proprio quel trattato ha fatto da apri pista alla protesta contro il Ttip. Il Ttip è vastissimo: riguarda 24 argomenti divisi in 3 macro aree. Una mutazione radicale del sistema economico attuale. Questo non vuol dire che altri trattati come il Ceta, ma anche il Tisa stesso, che ancora è a una fase iniziale di trattazione, non vedranno il nostro interesse.
E.: Quali sono le vostre maggiori preoccupazioni legate al Ttip?
M.: L’abbattimento di tutte quelle barriere non tariffarie a protezione dell’economia dell’Ue e del nostro Paese e che tutelano alcuni diritti acquisiti, come il diritto allo sciopero, i diritti del lavoro, la sicurezza alimentare e ambientale, la tutela della salute, la questione delle privatizzazioni. Io seguo la parte giuridica e da questo punto di vista c’è il problema dell’Isds, il meccanismo di risoluzione di controversie tra investitori e Stato, e della cooperazione normativa, che è una innovazione all’interno dei trattati. Nel Ttip si vanno a incontrare due enormi aree, con legislazioni diverse in tantissime materie: nel settore agroalimentare, del lavoro, delle privatizzazioni. Questo organismo per la cooperazione normativa dovrà controllare il modo in cui le due legislazioni si andranno ad armonizzare.
E.: Perché non vi convince?
M.: Qualora l’armonizzazione non vada verso l’alto ma sia al ribasso, può scardinare dei principi come quello di precauzione – in base al quale, in Europa, si deve provare che una sostanza sia innocua prima di poterla commercializzare – e se anche si andasse a una armonizzazione verso l’alto, il meccanismo dell’Isds consentirebbe alle multinazionali di rifarsi. Potrebbero citare in giudizio gli Stati per aver introdotto norme a tutela dei cittadini o della propria economia, ma che gli investitori ritengono lesive dei propri interessi. Il Ttip non è un attacco degli Stati Uniti all’Europa. È un attacco delle multinazionali ai diritti dei cittadini, sia americani che europei. Non è una lotta tra Usa e Ue, tant’è che l’opposizione a questo trattato cresce anche dall’altra parte dell’oceano.
E.: Come funziona il coordinamento tra i movimenti contrari al trattato?
M.: Già nella prima fase di studio del Ttip, c’è stato un seminario ad Altramente (“una scuola di educazione civica e politica indipendente”, si legge sul sito web dell’organizzazione, ndr) dove è nato il coordinamento nazionale. C’erano anche dei relatori statunitensi, così si è creato un collegamento. Noi, a livello nazionale, siamo collegati alla rete europea e abbiamo incontri settimanali in videoconferenza. La campagna europea è poi collegata a quella dall’altra parte dell’Atlantico, e sul sito stop-ttip-italia.net si può vedere la mappa di azione globale, dalla quale si capisce come le campagne siano strettamente connesse.