Roma – Il problema principale quando ci si confronta con l’aumento dei flussi migratori nel nostro Paese non è la mancanza di risorse, ma bensì le regole sull’Asilo politico, che sono inadatte a gestire la situazione attuale. Ne è convnto il deputato del Pd Khalid Chaouki, membro della commissione Politiche Ue della Camera e presidente della commissione Cultura dell’Assemblea parlamentare Unione per il Mediterraneo. Chaouki, da sempre attento al tema dell’immigrazione anche in quanto cittadino italiano nato a Casablanca, punta il dito contro Bruxelles rea di essere incapace di pianificare una corretta accoglienza dei profughi.
Eunews: Di fronte a flussi migratori in aumento, qual è la sua considerazione sulla gestione del problema a livello europeo?
Chaouki: Quello che sconvolge è il perdurare di una incomprensibile indifferenza da parte dell’Europa nell’attuare immediatamente una pianificazione per l’accoglienza dei profughi. Abbiamo una coalizione militare che combatte giustamente contro l’Isis, ma non c’è nessuna preoccupazione nel capire che fine faranno le persone in fuga da quegli stessi bombardamenti. Ritengo che oggi ci sia l’urgenza di una conferenza europea per fare un punto sull’accoglienza, perché l’Italia ormai rischia di non farcela di fronte a numeri sempre più alti. E temo ci sarà un ulteriore aumento a causa del caos in Libia.
E.: Secondo il commissario europeo per le migrazioni, Dimitri Avramopuolos, l’Ue deve sostenere gli Stati membri che si fanno carico dei flussi migratori. Sembra che Bruxelles voglia assumersi le sue responsabilità.
C.: Non è più tempo di comunicati o di documenti. Siamo stanchi delle promesse e non servono neppure le risorse economiche. Quello che serve è il superamento immediato di Dublino III: una regola che prevede che i rifugiati siano costretti a rimanere nel primo paese di approdo, in un momento in cui il Mediterraneo rappresenta il principale canale di fuga per queste persone, significa caricare solo l’Italia di questa ondata di richiedenti asilo.
E.: Quali cambiamenti chiede?
C.: Credo che il governo Italiano debba sollecitare subito la revisione del regolamento di Dublino III in una finestra di emergenza. Serve una deroga a quell’accordo per far sì che ogni Paese europeo si faccia carico di accogliere una quota di richiedenti asilo, sulla base di una distribuzione equa. Altrimenti rischiamo di alimentare il caos, rendendo insostenibile una situazione che oggi pesa molto sulle nostre comunità locali e sui nostri Comuni, e che rischia di essere strumentalizzata anche da movimenti politici i quali, anziché proporre soluzioni, usano per fini elettorali la drammatica vicenda di persone in fuga da morte certa.
E.: Triton è considerata il sostituto europeo di Mare Nostrum. In realtà ha compiti di pattugliamento mentre la missione italiana si occupava di ricerca e salvataggio. E’ necessario ridefinire il suo ruolo?
C.: C’è da dire che noi, nonostante tutto, continuiamo a fare la nostra parte. Gli sbarchi continuano a esserci grazie al lavoro della Marina e delle Capitanerie di porto. Al di là di quella che è la missione di Triton, lo spirito italiano dello stare in mare continua a distinguersi rispetto a quello di altri Paesi. Ciò che auspico è una reale presa di responsabilità da parte dell’Unione europea. Noi abbiamo fatto una proposta, quella del governo italiano, di aprire dei campi di assistenza ai profughi nei Paesi di transito, insieme con l’Onu e l’Ue. E’ un iniziativa che deve essere presa, dall’Ue in particolare, in Sudan, in Niger e nei paesi del Maghreb, a partire dalla Tunisia.
E.: Negli ultimi anni, oltre alla crescita quantitativa, i flussi migratori hanno fatto registrare anche un cambiamento qualitativo?
C.: Certamente, con la crisi economica in Europa, da qualche anno non abbiamo più una immigrazione di tipo economico. Oggi il 99% di chi arriva in Italia è richiedente asilo. Abbiamo avuto un calo di immigrazione per ricerca di lavoro. Quindi, se parliamo di immigrazione ordinaria, il tasso è negativo. Al contrario, abbiamo avuto un boom – a partire dalle primavere arabe – di persone che hanno esigenze umanitarie.
E.: Esiste anche un problema di integrazione dei migranti?
C.: Quello dell’integrazione è un discorso che va affrontato. Ad esempio, bisogna investire sulla scuola e capire che la presenza dei cosiddetti ‘alunni stranieri’ non è accidentale ma strutturale. È necessario un investimento su una scuola multiculturale e sul supporto ai figli di immigrati per prevenire la disgregazione e la dispersione scolastica. Non farlo, in Italia, vorrebbe dire commettere gli stessi errori di altri paesi europei, dove si è prodotta una generazione di cittadini di serie B, che poi vivono nella frustrazione e nell’emarginazione e quindi in conflitto con le società in cui sono cresciuti.