Bruxelles – Dove passa l’Unione europea non cresce più l’erba. O meglio, non cresce più un albero. L’Ue se da una parte professa sostenibilità e promuove politiche di conservazione della biodiversità, dall’altra prospera sulla deforestazione illegale. E’ più di un’accusa quella del Fern, la Ong dei Paesi Bassi per la conservazione delle foreste. E’ una vera e propria denuncia, contenuta nel rapporto “Beni rubati – la complicità dell’Ue nella deforestazione illegale”. L’Unione europea “è leader mondiale nel l’importazione di materie prime derivanti da foreste abbattute illegalmente”, sostiene la Ong. Il documento mette in evidenza come dal 2000 ad oggi la conversione illegale per fini agricoli commerciali sia responsabile della metà di tutte le azioni abbattimento delle foreste tropicali. Dai terreni che si liberano si producono in tutto il mondo soia, olio di palma, pelle, carne bovina, e all’interno dell’Ue cinque paesi Ue sono i più grandi consumatori di tali prodotti illegali importati all’interno dell’Unione europea: Francia (soia), Germania (olio di palma), Italia (pelle), Paesi Bassi (olio di palma), e Regno Unito (carne bovina). Da soli questi cinque Paesi acquistano i tre quarti dei prodotti esportati in tutto il territorio Ue.
La maggior parte di questi prodotti proviene dal Brasile (60% dell’import complessivo) e dall’Indonesia (25%), ma questo commercio su scala mondiale vede la distruzione di foreste in Malesia, Argentina, Paraguay, Cameroon, Gabon, Repubblica democratica del Congo, Cambogia e Papua Nuova Guinea. Lo studio Fern non ha dubbi: l’Ue è responsabile della deforestazione. Tra il 2000 e il 2012 ogni due minuti un’area forestale grande quanto un campo da calcio è stata abbattuta per rispondere alla domanda europea di questi prodotti. Eccola la responsabilità dell’Unione europea, che per prima agisce in aperta violazione delle agende comunitaria. L’Ue si è impegnata a fermare la deforestazione globale entro il 2030, “ma – denuncia lo studio Fern – non può aspettarsi di raggiungere questo obiettivo, se continua a contribuire al problema attraverso il consumo di prodotti alla base della distruzione illegale delle foreste”. L’appello rivolto a Bruxelles è dunque quello di “definire urgentemente” un piano d’azione contro la deforestazione e il commercio di materie prime agricole che ne derivano. Un appello che rischia di rimanere vano, dato che come visto i principali governi dell’Ue si riforniscono di beni prodotti dopo deforestazioni.
Ragioni commerciali ed economiche rischiano di assestare un duro colpo all’agenda verda europea e al patrimonio boschivo mondiale. Il problema è questo: soia, olio di palma e carne bovina sono i tre principali prodotti che escono dai campi dove una volta c’erano foreste, e l’Ue il principale produttore al mondo di due di questi tre beni, vale a dire olio di palma e soia. Per avere un’idea, l’Ue importa il 98% dell’olio di palma che consuma, e solo nel 2012 l’Unione europea ha importato merci prodotte su terreni disboscati illegalmente per un valore di sei miliardi di euro. Praticamente, in media, ogni cittadino dell’Ue nel 2012 ha speso 10 euro in prodotti legati alla deforestazione abusiva. Una spesa salata in termini di sostenibilità: nel solo 2012 per soddisfare i bisogni europei sono spariti 1,2 milioni di ettari di foreste in tutto il mondo. Da qui la richiesta di un cambio di rotta. “Se l’Ue vuole raggiungere l’obiettivo di fermare le deforestazione, deve innanzitutto smetterla a contribuire alla deforestazione con il consumo di prodotti che sono un rischio per le foreste”.
Lo studio integrale (inglese)