Bruxelles – Cos’è Uber? La società statunitense che opera su internet e che sta spopolando nel Mondo (dove le autorità non la bloccano) attraverso la quale si prenota un’auto con conducente che poi si mette al nostro servizio come un taxi è una società di servizi o di trasporti? E’ attorno a questa questione che si sta sviluppando il conflitto tra Uber e alcuni Stati Europei, con la Commissione in mezzo come arbitro.
Il nuovo servizio, che funziona anche in Italia, ha molti amici, gli utilizzatori, e molti nemici, i conducenti di taxi e alcuni governi. Per chi ha deciso di scaricare e utilizzare la “app” è un modo efficiente ed economico di avere un servizio taxi, sul quale si trova facilmente e rapidamente una macchina per andare dove si vuole. Per i tassisti è invece un pericoloso concorrente, accusato di violare le norme fiscali e di sicurezza del trasporto. Per i governi è, spesso ma non sempre, un nemico perché le lobby dei tassisti premono e perché non lo si riesce a classificare ed è difficile controllare i conducenti. Dunque chi e come paga le tasse? I conducenti hanno le licenze? Quali sono i livelli di sicurezza garantiti ai viaggiatori?
Uber ha deciso di alzare il tiro ed ha denunciato alla Commissione europea Germania, Francia e Spagna perché hanno bloccato il servizio. In Belgio invece il servizio c’è, ma ci sono una quarantina di ricorsi aperti contro i conducenti proprio per violazione della normativa sul trasporto delle persone. Il primo procedimento contro un autista è iniziato lunedì, e l’avvocato difensore Jacques Verhaeghen argomenta che si tratta di una questione tra privati: “Gli autisti – dice il legale, sono semplicemente dei privati che appartengono alla community di Uber, e perché mai un privato non dovrebbe poter condividere la sua auto come altri si dividono un appartamento?”. I tassisti a Bruxelles hanno quasi tutti un adesivo sulla macchina con su scritto: “Questo non è un taxi clandestino”.
Uber ha scelto la strategia più difficile. Mettendosi contro Germania e Francia (oltre che Spagna), ha deciso di affrontare i due stati più potenti del Mercato Unico che gli hanno detto “no”. Dunque ci saranno corazzate di pareri legali, di funzionari statali e di pressioni possenti perché la “app” venga dichiarata fuorilegge. Meglio sarebbe stato, osservano qualche esperto a Bruxelles, scegliere di aprire le ostilità contro un Paese meno influente, e li sarebbe stato più facile negoziare una via d’uscita favorevole e poi applicabile più estensivamente.
La società americana nei suoi ricorsi cerca di colpire un punto a cui la Commissione, in generale, tiene molto: la libera concorrenza. Nelle lettere Uber lamenta che i governi “agiscono per proteggere il tradizionale monopolio dei taxi” e dice che vengono violate le norme sul commercio elettronico, sui servizi, il principio della . Ma la guerra è dura. A Madrid le autorità locali hanno emanato un regolamento in base al quale gli autisti rischiano multe fino a 18.000 euro e il sequestro della macchina.
Uber nei suoi ricorsi afferma di non essere “direttamente responsabile” del trasporto delle persone, ma di agire solo come “intermediario elettronico che offre un servizio sociale che mette in contatto le persone che vogliono condividere le loro auto”. In sostanza la società vorrebbe essere trattata alla stregua dei siti che vendono biglietteria aerea o ferroviaria. Di fatto il servizio funziona come una normale società di taxi: si stabilisce il percorso, il passeggero paga la tariffa, il 20 per cento della quale spetta a Uber.
La Commissione europea dovrebbe ora prendere posizione, ma già dai primi passi le cose per Uber non sembrano farsi semplici. Il tema della qualificazione della società, se di servizi o di trasporti, è decisivo. In base alle norme del Mercato unico le società di servizi hanno regole molto rigide a favore della concorrenza, e dunque per Uber sarebbe più semplice affermare il proprio diritto di essere una semplice applicazione che mette in contatto privati. Ma la Commissione europea ha ricevuto i ricorsi e li ha assegnati alla Direzione generale dei Trasporti, che sono un settore con molti meno vincoli europei, e dove dunque la discrezionalità degli Stati è molto più ampia. “Dobbiamo definire che tipo si società sia per decidere sui ricorsi”, spiega Mina Andreeva, portavoce della Commissione affermando poi che “ad esempio una compagnia aerea che vende i biglietti su internet non può non esser definita una società di trasporti”. L’aria, per Uber, non è buona.
I problemi di Uber sono però in tutto il Mondo. A Nuova Delhi le autorità locali hanno chiesto al Governo di bloccare la società (e anche un’altra locale che offre un servizio simile) finché non sarà terminata la procedura di accreditamento come radio taxi. A Nuova Delhi la situazione si è poi complicata perché un autista di Uber è stato accusato di aver stuprato una cliente.