Roma – “Non vogliamo uscire dall’euro, ma non siamo disposti a tutto. Il governo precedente lo era”. Sono parole del neo segretario di Syriza Tasos Koronakis, in visita a Roma per incontrare alcuni esponenti della sinistra Pd, di Sel, di Rifondazione comunista e di altre organizzazioni, tessendo i rapporti “con i partiti e i movimenti che in Europa si oppongono all’austerity e sono contro i populismi nazionalisti”.
In merito alla trattativa di Atene con l’Ue sul rientro del debito pubblico, “abbiamo già depositato una lista completa di riforme che non peseranno sulle fasce sociali più deboli del Paese”, sottolinea Koronakis. Un programma su cui ancora non c’è un pronunciamento definitivo da Bruxelles, ma che è considerato vago e insufficiente. Per questo, con ogni probabilità, il capo dell’esecutivo Alexis Tsipras dovrà fare ulteriori concessioni.
Una eventualità che preoccupa il neo leader di Syriza, perché mette a rischio la tenuta del suo partito. Non è un mistero che, già dopo l’accordo siglato con l’Eurogruppo il 20 febbraio, nel movimento si era aperta una “dialettica”, per usare l’espressione di Theodoros Angelopoulos, compagno di partito di Koronakis, in una intervista a Eunews. E nonostante il segretario prometta che “chi si aspetta spaccature” nel movimento “resterà deluso”, il problema se lo pone.
Sa infatti che dei problemi possono nascere ad esempio sulle privatizzazioni. In Campagna elettorale, Tsipras aveva fatto del blocco totale alla vendita degli asset pubblici un baluardo, ma trattando con i partner europei ha dovuto cedere in parte. “Noi siamo contro le privatizzazioni e dobbiamo aiutare il governo a non applicarle”, dice Koronakis, il quale però precisa che l’opposizione riguarda “la svendita del patrimonio” dello Stato. Se invece lo si può “valorizzare”, vendendolo in parte ma “mantenendo un ruolo pubblico” le cose cambiano.
Il punto è che il segretario è consapevole delle concessioni che l’esecutivo deve fare a Bruxelles, ma vuole trovare il modo per poterle vendere ai propri attivisti e agli elettori senza perdere credibilità. Per questo prova a sganciare il movimento dall’esecutivo, avvertendo che “è molto distinto il ruolo del partito da quello del governo”. E se “abbiamo un governo di coalizione”, che quindi è il prodotto di una mediazione sin dalla nascita, Syriza “resta un partito radicale”, precisa ancora Koronakis. Ma questo non vuol dire far mancare il sostegno a Tsipras, perché “noi abbiamo fiducia nei nostri compagni” al governo, conclude il segretario che ribadisce l’unità del movimento. Dunque, sembra che l’ala sinistra di Syriza sia destinata a esercitare il dissenso solo nel partito e a esprimerlo nella società, senza però mettere in discussione l’esecutivo. Un po’ quello che avviene nel Pd italiano.