Bruxelles – “Con l’attuazione del regime delle quote latte c’è il rischio dell’arrivo di nuove multe, stimate attorno ai 40 milioni di euro per il superamento da parte dell’Italia del proprio livello quantitativo di produzione assegnato dall’Unione Europea, dopo quattro anni in cui nessuna sanzione è stata dovuta dagli allevatori italiani”. E’ quanto emerge dal “Dossier sull’attuazione delle quote latte in Italia” presentato in occasione della mobilitazione degli allevatori della Coldiretti in occasione della fine (oggi) del regime quote latte tenutosi a Roma con la pronipote della mucca “Onestina”, simbolo della battaglia per il Made in Italy degli “allevatori onesti”.
“Il superamento delle quote assegnate nella campagna 2014/2015 è dimostrato – commenta l’organizzazione degli imprenditori agricoli Coldiretti – dal trend di aumento del 3 % rispetto allo scorso anno registrato dall’Agea tra aprile 2014 e gennaio 2015”. “Quello che si preannuncia – precisa – è quindi il primo sforamento dopo l’introduzione della legge 33 del 2009 la quale prevede la possibilità di compensazione solo agli allevamenti di montagna e delle zone svantaggiate, a quelli che non hanno superato il livello produttivo 2007-2008 e ultimi, a quegli allevamenti che producono entro e non oltre il 6% della quota loro assegnata”.
Roberto Moncalvo, il presidente della Coldiretti ha affermato che dopo la mobilitazione degli allevatori della Coldiretti “è arrivato il regolamento comunitario per permettere di rateizzare le multe di quest’anno a carico dei loro allevatori per un massimo di tre anni e senza interessi ma occorre individuare soluzioni a livello nazionale di carattere strutturale”. Ha poi sottolineato che “serve recuperare i ritardi accumulati e introdurre l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte a lunga conservazione e di quello impiegato nei formaggi e latticini”.
“La questione quote latte – ricorda Coldiretti – è iniziata 30 anni fa nel 1984 con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori. All’Italia – ha spiegato la Coldiretti – fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte. Negli anni però siamo riusciti ad ottenere dall’Ue aumenti della propria quota di produzione dove però nel periodo tra il 1995 e il 2009 si sono accumulate le multe”.
“Il 1992– continua – il 2003, e infine il 2009, sono state le tappe principali del difficile iter legislativo per l’applicazione delle quote latte che ha consentito alla stragrande maggioranza dei 36mila allevatori di mettersi in regola acquistando o affittato quote per un valore complessivo di 2,42 miliardi di euro mentre solo una sparuta minoranza è responsabile delle pesanti pendenze con l’Unione Europea. Un comportamento che fa concorrenza sleale alla stragrande maggioranza degli allevatori italiani e mette a rischio le casse dello Stato con un costo per ogni cittadini stimato in 75 euro dal Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina”.
“Per il mancato pagamento delle multe sulle quote latte da parte di questi irriducibili Agea ed Equitalia hanno gia’ predisposto 1.405 cartelle esattoriali con interessi aggiornati al 31 dicembre 2014 che sono attualmente in fase di notifica agli interessati”.
Lo scorso 25 febbraio la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per “non aver assolto adeguatamente al proprio compito di gestione del recupero dei prelievi per la sovrapproduzione di latte” nell’ambito del sistema delle quote per la produzione. La Commissione stima che “dell’importo complessivo di 2,3 miliardi di euro circa 1,7 miliardi di euro non siano ancora stati recuperati”.
La Coldiretti inoltre afferma che “con la fine del regime delle quote latte è prevedibile un aumento della produzione lattiera comunitaria che quest’anno è stimata pari al 6 per cento, con il rischio di una vera invasione straniera in Italia dove si importa già quasi il 40 per cento dei prodotti lattiero caseari consumati”.
“Tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa – denuncia la Coldiretti – perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta”.
“Dalle frontiere italiane -continua – passano ogni giorno 24 milioni di litri di latte equivalente tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori”.
Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati Istat del 2014 ad essere spacciato come italiano è il latte proveniente in cisterne soprattutto da Germania, Francia, Austria, Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Olanda. In particolare si assiste ad un sostanziale aumento dell’import dei Paesi dell’Est (+18% Ungheria, +14% Slovacchia, +60% Polonia) e una diminuzione di quello importato dai Paesi dell’Ovest (-7% dalla Germania e -13% dalla Francia).
Anche le cagliate da impiegare nella produzione di mozzarelle arrivano “principalmente dai Paesi dell’Est” per un quantitativo che ha raggiunto “il milione di quintale all’anno” ed è diretto per un terzo in Campania.
“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”, ha dichiarato Moncalvo. “Ad oggi in Italia – continua la Coldiretti – è obbligatorio indicare la provenienza del latte fresco ma non per quella a lunga conservazione, ma l’etichetta è anonima anche per i formaggi non a denominazione di origine, per le mozzarelle e gli yogurt”.
“Nell’anno dell’Expo, la chiusura delle stalle – conclude la Coldiretti – rischia di far perdere all’Italia il primato nella produzione di formaggi a denominazione di origine (Dop) che in quantità è addirittura superiore quella francese e contribuisce a forgiare l’identità nazionale in campo alimentare, con oltre 48 specialità riconosciute a livello comunitario sparse lungo tutto lo stivale”.