Bruxelles – Rispondere a più sfide con meno soldi, a lungo andare non si può. Va bene razionalizzare le spese ed evitare sprechi e doppioni, ma senza un maggiore impegno in termini economici i conti non potranno mai quadrare. Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg lo ripete ad ogni occasione e oggi, cifre alla mano, riporta la richiesta anche ai deputati delle commissione Affari esteri e Difesa del Parlamento europeo che lo ascoltano in audizione. “Il 2014 è stato un anno in cui abbiamo visto crescere le sfide: l’Isis, l’atteggiamento della Russia in Ucraina, ma la spesa degli alleati europei della Nato è calata del 3%”, sottolinea Stoltenberg, chiarendo: “Così non può continuare”.
Da ex ministro delle Finanze (oltre che premier) della Norvegia, Stoltenberg ammette di non essere stato immune al richiamo dei tagli nel settore della difesa. Ne ho proposti e “con entusiasmo”, ammette. “All’inizio – spiega – ritengo fosse possibile difendere questa decisione perché la guerra fredda era finita e la situazione della sicurezza stava cambiando” ma ora, “la situazione è cambiata di nuovo” è questa volta in senso negativo: “Ci sono nuove minacce, nuove sfide e abbiamo dovuto adeguarci di nuovo: se la sicurezza aumenta la spesa si diminuisce ma bisogna adattarsi ai tempi”. Per questo, “quando sono stato primo ministro ho ricominciato ad aumentare le spese”, sottolinea il segretario Nato, suggerendo ai Paesi Ue di fare lo stesso perché “anche se tutti i politici preferirebbero spendere in istruzione o infrastrutture, bisogna investire anche in sicurezza”.
Tornato da poco da visite negli Stati Uniti e in Canada, il segretario dell’Alleanza atlantica riporta: “Mi chiedono sempre: quand’è che l’Europa farà di più?”. Una richiesta, secondo Stoltenberg, non infondata visto che “il Pil degli alleati Ue della Nato è quasi uguale a quello degli Stati Uniti, ma gli Usa spendono più del doppio in difesa e sono responsabili di circa il 70% delle spese totali di difesa della Nato”. Una situazione, conclude Stoltenberg, “non sostenibile”.
Ma il conteggio degli oneri non è così semplice, secondo molti eurodeputati in aula e nemmeno secondo il presidente della commissione Affari esteri, il liberale Elmar Brok: “Dovremmo ricordare agli americani – ribatte – che ci sono anche i costi del ‘soft power’ e che gli Stati membri dell’Ue pagano il 60% degli aiuti allo sviluppo e l’80% vanno all’estero. Anche questo dovrebbe essere preso in considerazione nel parlare di ripartizione degli oneri”. Piuttosto che concentrarsi sul livello di spesa, insiste Brok, “bisogna studiare effetti sinergici per trarre tutti i vantaggi dai fondi disponibili”.
Ai deputati europei, Stoltenberg ricorda l’impegno assunto dai 22 Paesi membri dell’Ue che fanno parte anche della Nato lo scorso settembre in occasione del Summit Nato in Galles e cioè quello di “arrestare i tagli e gradualmente aumentare le spese mano a mano che si riprende l’economia per arrivare ad un 2% di spese per la difesa entro il decennio”. Questa “è una cosa che dobbiamo fare”, ribadisce il segretario Nato perché “si può cercare modi intelligenti ed efficienti di spendere i soldi, mettere insieme le commesse e stiamo lavorando con l’Ue per farlo ma a lungo termine è impossibile fare quadrare i conti: non si può ottenere di più spendendo meno”.