Roma – “Chi afferma di cambiare l’Europa con gli insulti vi sta buggerando. L’Europa non si cambia con gli insulti ma da dentro, pian piano, mettendosi al volante”. Lo sostiene il presidente del Consiglio Matteo Renzi, parlando agli studenti della School of government della Luiss, l’Università della Confindustria. Il premier lancia un messaggio chiaro contro l’euroscetticismo. Ma ce l’ha anche con chi ritiene che il modello economico europeo sia al servizio dell’economia tedesca, e per questo “campagna elettorale contro Angela Merkel”. Secondo Renzi “è successo in Grecia, ma succede anche in Italia”. Una strada che il premier ritiene errata, perché è giusta la critica, ma “bisogna prendere dalla Germania” ciò che di “positivo” ha da insegnare.
Qualcosa da insegnare all’Europa, però, è convinto di averla anche lui: la legge elettorale in discussione in parlamento. Il cosiddetto ‘Italicum’, secondo il premier, consente di “stabilire chi vince”. Cosa che a suo avviso non è garantita dal sistema elettorale spagnolo, né da quello tedesco o inglese. Per questo Renzi prevede che “la nostra legge elettorale ce la copieranno in mezza Europa”. E a chi “in questi mesi ha parlato di deriva autoritaria” – per il rischio che le modifiche alla Costituzione e al sistema elettorale indeboliscano il meccanismo dei pesi e contrappesi essenziali in una democrazia – l’inquilino di Palazzo Chigi risponde che “deriva autoritaria delle riforme è il nome che taluni commentatori e professori un po’ stanchi danno alla loro pigrizia”.
Il capo del governo affronta poi il tema delle riforme in modo più ampio. Quella “della scuola, il Jobs act, la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale” sono “solo l’antipasto”, avverte. Le riforme, “se smettiamo di farle, perdiamo la nostra ragione d’essere”, aggiunge, sottolineando che “da qui al febbraio 2018 – scadenza naturale della legislatura – faremo le cose che in questi anni sono state rinviate”.
Il premier risponde anche alla domanda di una studentessa sulle difficoltà che la Garanzia giovani sta incontrando in fase di attuazione. “Il problema della Garanzia giovani non è la sua implementazione – spiega il capo dell’esecutivo – ma il titolo V della Costituzione”, quello che regola le autonomie locali e i rapporti tra Stato e Regioni. La “ripartizione delle competenze”, per Renzi, è il vero elemento critico. Se osservando “i numeri, Garanzia giovani non è quella botta di vita che alcuni si aspettavano”, la colpa è del fato che “in alcune Regioni i centri per l’impiego funzionano bene”, mentre “in altre – sostiene il premier – meriterebbero una denuncia per alto tradimento dei giovani”. Il presidente del Consiglio ammette che il programma ha delle difficoltà anche confessando che “non è un caso se non ne parlo mai”, ma promette che scriverà “una lettere ai circa 400 mila giovani che si sono iscritti”, garantendo che interverrà.