di Paul Mason, responsabile economico di Channel 4 News
È dal 1952 che l’Istituto Goethe di Atene diffonde la lingua e la cultura tedesche in Grecia. La settimana scorsa il governo greco ha minacciato di sequestrare l’edificio, insieme ad una serie di altri edifici di proprietà tedesca, se Berlino si rifiuta di ottemperare al pagamento di 341 miliardi di euro di riparazioni di guerra per i danni prodotti durante il secondo conflitto mondiale. E se non ci pensa il governo a confiscare l’Istituto, ad Atene molti sono pronti a farlo “dal basso”.
A un osservatore esterno la scelta di irritare ulteriormente la Germania, in un momento in cui Berlino ha già dimostrato di non avere nessuna intenzione di venire incontro alle richieste greche di rinegoziazione del debito, potrebbe sembrare controproducente. La stessa animosità tra i due paesi potrebbe apparire inspiegabile. In realtà, la Grecia gioca un ruolo importate nella psiche tedesca già dai tempi di Goethe. E proprio il grande poeta e statista tedesco potrebbe offrire alla Germania una via d’uscita dall’impasse attuale. A suo tempo, di fronte ad una situazione geopolitica non dissimile da quella di oggi, anche Goethe ebbe un drastico cambio di atteggiamento nei confronti del paese ellenico.
Siamo soliti pensare alla crisi greca come ad una crisi prettamente economica, ma in realtà è anche una crisi geopolitica. A nord-est del paese si trova la Russia di Putin. L’affinità cultura della Grecia con la Russia ha radici secolari; le simpatie della sinistra greca per Mosca sono più recenti ma comunque molto forti. L’inno della seconda guerra mondiale che viene intonato a tutte le manifestazioni di Syriza è in realtà la marcia di guerra russa Katyusha tradotta in greco. Nonostante questo, Alexis Tsipras ha nominato come ministro della Difesa un conservatore di destra e ha promesso di non abbandonare la Nato. Una maniera per rassicurare soprattutto gli americani.
A sud-est incombe la minaccia dell’Isis. Il quasi-stato terrorista è separato dalla Grecia solo da un singolo “stato cuscinetto”, la Turchia, che ha già dato ampia dimostrazione della sua mancanza di risolutezza nei confronti dell’Isis nella battaglia di Kobane. Ribadendo la partecipazione del paese all’alleanza atlantica, Tsipras ha posizionato la Grecia come primo paese affidabile nella linea di difesa contro l’Isis. Ha anche promesso di portare avanti l’alleanza del vecchio governo con Israele e di onorare l’accordo di cooperazione energetica siglato con Israele e Cipro.
Ma la Grecia ha anche altre opzioni. Considerando i diffusi sentimenti filorussi della popolazione e l’esasperazione provocata dagli effetti delle sanzioni anti-russe sull’agricoltura greca, se Tsipras dovesse rivolgersi alla Russia per chiedere assistenza finanziaria sarebbe una mossa molto popolare. Nel frattempo la Grecia è diventato il paese d’ingresso ideale per il gas russo in Europa, dopo che Putin ha cancellato di punto in bianco un progetto di gasdotto con la Bulgaria e ne ha annunciato uno nuovo che dovrebbe passare sotto al Mar Nero e svilupparsi lungo il confine greco-turco. È per questo che gli Stati Uniti stanno facendo silenziosamente pressione sulla Germania affinché la Grecia rimanga in Europa. Secondo alcune fonti, il Dipartimento di Stato americano avrebbe detto al ministero degli Esteri tedesco che “non è per questo che i nostri ragazzi sono morti sulle spiagge della Normandia”.
Gli Usa sono preoccupati che la posizione intransigente della Germania possa, in un colpo solo, spingere la Grecia nella sfera d’influenza russa e ridurre al collasso economico un partner cruciale nella lotta contro l’Isis. Ironicamente, è un dilemma simile a quello che si trovarono ad affrontare Goethe e gli altri intellettuali della sua generazione negli anni venti del diciannovesimo secolo.
L’insurrezione greca contro la dominazione turca, scoppiata nel 1821, minacciava di sconvolgere gli equilibri del mondo occidentale. Rappresentava una sfida al trattato siglato dalla cosiddetta Santa Alleanza (Russia, Austria e Prussia) per sopprimere i moti rivoluzionari in Europa. Inoltre, violava l’ideale tedesco di libertà, fortemente influenzato da Kant, che identificava la libertà con lo stato di diritto e il rispetto dell’autorità.
I rivoluzionari greci impegnati nella guerra sporca contro i turchi erano visti dall’elettorato tedesco del 1820 nello stesso modo in cui le orde di giovani radicali greci che marciano per le strade di Atene al ritmo di Katyusha sono visti dall’elettorato tedesco di oggi: con disprezzo. Lo stesso Goethe, all’inizio, si oppose alla rivolta greca. Temeva che il vuoto di potere lasciato dai turchi sarebbe stato riempito dalla Russia. Inoltre temeva che avrebbe dato il via ad una spirale rivoluzionaria in tutta Europa. Ciò che fece cambiare opinione a Goethe fu la morte di Lord Byron, nel 1824, mentre combatteva a fianco dei greci. In un impeto di creatività, Goethe si rimise al lavoro sul suo poema, Faust, modellando il personaggio principale attorno allo stesso Byron e trasformando la seconda parte dell’opera in una meditazione sulla natura della libertà.
Goethe modificò i termini del dibattito in merito all’insurrezione greca sostenendo che la “violazione delle regole” da parte dei greci era giustificata dal fatto che essi stavano difendendo un sistema di valori più ampio: quello dell’occidente cristiano in contrapposizione a quello dell’impero ottomano. Egli dichiarò il suo sostegno per la Grecia nonostante l’opposizione dell’élite politica in Germania.
Oggi sono in molti che vorrebbero vedere una conversione simile in Angela Merkel. L’intransigenza tedesca sulla questione del debito greco si basa sulla stessa visione filosofica che aveva inizialmente guidato la generazione di Goethe: l’idea che la libertà derivi dal rispetto dell’autorità e delle regole. Ma in Occidente è sempre esistita anche un’altra idea di libertà: quella incarnata dai repubblicani francesi, dai radicali inglesi e dai rivoluzionari americani, secondo cui la libertà esiste in opposizione all’autorità, e il diritto umano più sacro di tutti è proprio quello di distruggere l’ordine costituito.
Pubblicato sul Guardian il 15 marzo 2015.