“Quello che va difeso” al Consiglio europeo di domani e dopodomani a Bruxelles “è uno sguardo unitario sulla politica energetica” dell’Unione. E’ il parere di Matteo Renzi. Il premier – intervenendo in Parlamento per le consuete comunicazioni che anticipano un vertice europeo – vede infatti un “rischio”: quello “che l’ambizioso programma di Jean Claude Juncker” sulla politica energetica “venga spezzettato” per gli interessi di alcuni Stati membri. “Senza troppi giri di parole”, il capo dell’esecutivo si riferisce “ai Paesi baltici e orientali”.
Di fronte ai “cinque punti” del programma promosso dal presidente della Commissione europea, che riguardano “il rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti, il tema del mercato interno, la diplomazia in relazione ai cambiamenti climatici, l’efficienza energetica, la ricerca e innovazione tecnologica”, denuncia Renzi, i paesi dell’Est “immaginano di porre l’attenzione quasi esclusivamente sul rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti” energetici. Il che, tradotto, vuol dire sganciare sempre più l’Europa dalla dipendenza da Mosca. Un obiettivo importante, per l’inquilino di palazzo Chigi, ma che non deve essere l’unico. Perché sulla politica energetica va fatto “un ragionamento più complessivo”.
Dopo la visita al presidente russo Vladimir Putin, il premier sembra mostrare una maggiore sensibilità nei confronti del Cremlino. Ammette che la differenziazione delle fonti di approvvigionamento è un tema su cui “puntare con forza”. Aggiunge che va data centralità alla “relazione con l’Africa, e quindi con nuovi mercati e nuovi hub di gas e petrolio”. Tuttavia, annuncia che l’Italia, al tavolo dei 28, non vuole “chiudere la questione energetica solo sul rapporto tra i Paesi dell’Est e la Russia”, ma intende mantenere un approccio “complessivo”. Per questo sottolineerà il lavoro da fare per “l’interconnessione delle reti interne, in primo luogo fra Spagna e Francia”. Allo stesso modo, evidenzierà “con decisione” l’importanza dell’efficienza energetica, che “deve essere un valore aggiunto anche per la creazione di posti di lavoro”, e dell’innovazione tecnologica, su cui “l’Europa deve essere all’avanguardia”.
Anche riguardo alla crisi Ucraina, altro punto sul tavolo del Consiglio, Renzi si impegnerà affinché l’asse non si sbilanci troppo su posizioni sgradite a Mosca. Parla dell’accordo di Minsk come “un faro che deve guidare l’azione diplomatica”. E mette sullo stesso piano “il rispetto dell’integrità e della sovranità dell’Ucraina”, con la necessità di “un percorso di riforme costituzionali” che sia “rapido” da parte di Kiev, per garantire “ampia autonomia alle popolazioni russofone” dell’Est del Paese.
Brevissimo il passaggio dedicato al partenariato orientale, tema che sarà discusso insieme con la questione ucraina “più per una forzatura da ordine del giorno che per congruità”, sottolinea Renzi. Si sa che la partnership tra l’Ue e le repubbliche ex sovietiche di Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina è osservato con attenzione – e con un po’ di fastidio – da Mosca. Al Senato, Renzi accenna appena a un “impegno deciso dell’Unione europea a continuare con il partenariato orientale”. Nel pomeriggio, alla Camera, precisa che “il partenariato è il partenariato: chi volesse vederci qualcosa di più commetterebbe un errore”.
Nel menù del Consiglio anche la Libia. Quando se ne parlerà “venerdì – annuncia Renzi – il nostro non sarà semplicemente un grido di allarme per dire ‘aiutateci sull’immigrazione’”. Perché nel Paese nordafricano, “si sta giocando una partita che va oltre” l’emergenza dei flussi migratori. Il punto, per Renzi, è che la comunità internazionale deve affrontare “la questione dell’estremismo anche legata all’Africa, partendo dal Mediterraneo”. Non può essere un fatto da considerare solo in relazione all’Iraq e alla Siria, sostiene il capo del governo, oppure si avrà “uno sguardo miope”. Con il rischio, non solo di non riuscire a fronteggiare l’estremismo in Medio Oriente, ma di regalargli spazio anche nel continente africano.
Infine l’economia. Non perché Renzi abbia dedicato meno spazio al tema. Anzi, la sua comunicazione è partita proprio dal “rinnovato clima di crescita che il Vecchio continente sembra poter cogliere”. Ma non è una novità che il premier rivendichi al semestre italiano di presidenza Ue il merito di aver prodotto quel “cambiamento di vocabolario” che ha portato l’Europa a “voltare pagina”. Il capo dell’esecutivo ribadisce che “oggi si continua a investire sulle riforme strutturali, ma si chiede alle istituzioni europee di essere sempre più parte attiva” nel percorso di crescita, e non “limitarsi ad essere un luogo della burocrazia”. A questo proposito però, secondo Renzi “l’appuntamento importante non sarà il consiglio di marzo ma l’appuntamento di giugno, quando i quattro presidenti (quello del Consiglio Donald Tusk, della Commissione Jean Claude Juncker, del Parlamento europeo Martin Schulz e della Bce Mario Draghi) presenteranno il loro rapporto ai capi di Stato e di governo”. A partire da quel rapporto, ritiene renzi, si potrà elaborare una politica economica più incisiva per l’Europa.
Piano Juncker, QE, flessibilità, dollaro=euro sono frutto semestre italiano UE. Poi 80euro, irap, incentivi assunz, JobsAct= #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) March 18, 2015