Bruxelles – “Nonostante ci siano giornalisti che conducono un lavoro onesto, in questi tempi di crisi finanziaria spesso si tradiscono i principi etici su cui il giornalismo si basa”. Partendo da questa analisi oggi Aidan White, direttore del Ethical Journalism Network e Dorothy Byrne, capo dell’attualità al Channel 4 Television, hanno tenuto a Bruxelles una conferenza sulla corruzione nei media, nella politica e nell’economia e su come essi trasformino l’etica del giornalismo.
“Il mondo del giornalismo è pieno di buone intenzioni. Dall’inizio alla fine la piramide dei media parla di ‘missioni’, dell’interesse pubblico, del ruolo che il giornalismo gioca nello scoprire e nello spiegare le violazioni della nostra politica e dell’élite della società”. Ma, evidentemente la crisi economica ha travolto anche questo settore, che certo non è mai stato immune da corruzione e controllo da parte dei poteri economici e politici.
White e Byrne decidono di raccontare quelle “untold stories” di corruzione che “mettono sotto pressione l’etica del giornalismo”. White fa notare come “Ovunque nel mondo del giornalismo ci sono le ‘arti oscure al lavoro’”, ovvero “persone corrotte” e “una moltitudine di news che sono nascoste al pubblico”.
La corruzione all’interno del giornalismo non è una novità, poiché “questa realtà esisteva anche in passato – spiega White – solo che prima il giornalismo era potente abbastanza per poter tenere testa alla politica e ai media. Oggi questo equilibrio di potere non c’è più”. Ed è in tempi come questi dove “il modello di mercato sta cambiando e il lavoro del giornalista diventa un lavoro precario” che secondo White bisogna “incoraggiare editori e giornalisti non solo a mantenere una certa etica ma anche garantendo loro un contratto a tempo pieno”.
L’idea è quella di un nuovo giornalismo che “difende il lavoro del giornalista stesso” , che mira alla “trasparenza”, dove “i media e la politica collaborano per una maggiore credibilità” senza “conflitti di interessi”.
Il report che White e Byrne propongono parla di alcuni paesi dove la lotta giornalistica contro alcunii media e la politica si fa sentire e dove è necessario “incoraggiare le persone del mondo del giornalismo ad affrontare la realtà di corruzione e di interesse personale”.
Parlando della situazione in Egitto, White spiega che “I media egiziani hanno sofferto per anni la pressione politica e la restrizione legale”e “la ‘piaga’ di un giornalismo prezzolato e un eccessiva focalizzazione a scopo commerciale e politico hanno sostenuto la creazione di un giornalismo non etico”. In Egitto, come in altre parti del mondo, succede anche che superare “la linea tra il contenuto editoriale e quello commerciale” diventa comune e che “i giornalisti che accettano di scrivere per fare pubblicità ottengono dei bonus nel loro salario”. White a questo proposito commenta che è necessario dividere “cosa è notizia da cosa è pubblicità” poiché un giornalismo fatto “solo di politica e di pubblicità non può sopravvivere”.
Anche in Turchia, dopo il terzo colpo di stato nel 1980, si è creata una relazione di “clientela tra lo stato e i media” dove quest’ultimi “hanno dominato l’informazione investendo in altre aree dell’economia come l’energia, la finanza e la costruzione”.
Lo scandalo che invece ha investito la Danimarca è senza precedenti. Il giornale di gossip Se og Hoer “pagava una fonte interna per l’accesso ad alcuni conti correnti così da essere in grado di pubblicare storie esclusive su alcune celebrità e la famiglia reale danese”.
In paesi come il Regno Unito l’informazione è “per il 70% in mano a milionari che hanno l’interesse di promuovere la loro politica ed i loro interessi economici, con l’eccezione del giornale ‘The Guardian’”.
Con questo report White vuol promuovere un nuovo tipo di giornalismo che “deve cambiare per sopravvivere”, che deve essere “più indipendente” e “più trasparente”, ma che soprattutto ci fornisce “una vera notizia” che non è “limitata” ma che racconta “fatti veri e verificabili”.