Per l’esecutivo di Reykjavik la decisione è presa e comunicata, ma l’Islanda non ci sta a lasciare soltanto nelle mani del governo la scelta sui rapporti che il Paese deve avere con l’Unione europea. Così, all’indomani della lettera con cui il governo ha informato Bruxelles dell’intenzione di stoppare il processo di adesione all’Ue, opposizione e cittadini tornano a farsi sentire. Ieri a Reykjavik circa 7 mila persone si sono radunate per protestare contro il governo: una cifra considerevole se si tiene presente che la popolazione dell’isola è in tutto di circa 325 mila persone. Si tratta della più grande manifestazione di piazza nel Paese dal 2008, quando il Paese si trovava sull’orlo del fallimento a seguito del crollo delle sue banche. Per gli organizzatori, il governo ha “violato la promessa elettorale” di tenere un referendum sulla continuazione del processo di adesione all’Ue e “ha calpestato la democrazia” quindi dovrebbe “dimettersi immediatamente”.
Ma non sono solo i cittadini a farsi sentire. Anche le opposizioni politiche al governo euroscettico non rinunciano alla prospettiva europea e non si rassegnano alle modalità con cui la decisione è stata presa. I leader di tutti e quattro i partiti del Parlamento islandese hanno firmato una lettera congiunta che è stata recapitata al Commissario Ue per l’allargamento, Johannes Hahn e alla presidenza di turno lettone, per lamentare il fatto che la decisione del governo di bloccare il processo di adesione dell’Islanda all’Ue sia stata presa senza un passaggio in Parlamento.
L’esecutivo “non ha l’autorità legale” per fermare unilateralmente i dialoghi con l’Ue, sostiene l’opposizione, secondo cui la risoluzione con cui nel luglio 2009 il Parlamento ha dato mandato al governo di candidare il Paese all’ingresso nell’Ue è ancora in vigore. “Il Parlamento ha deciso di presentare domanda di adesione e solo il Parlamento può revocare questa decisione”, continuano i partiti di minoranza, secondo cui “il governo non ha il coraggio di affrontare né il Parlamento né la popolazione su questo tema ma cerca di indurre l’Ue ad accettare un cambiamento nello status dell’Islanda sulla base di una lettera del ministero”. Insomma, per l’opposizione, “l’Islanda è ancora un Paese candidato”.
L’Ue dal canto suo per ora non si sbilancia e non prende posizione nel dibattito interno al Paese. “Rispondiamo sempre alle lettere che riceviamo”, si limita a fare sapere il portavoce dell’esecutivo comunitario, Margaritis Schinas, confermando che la Commissione ha ricevuto anche la lettera dell’opposizione islandese.