Roma – “L’uscita della Grecia dall’Euro sarebbe molto costosa e potrebbe destabilizzare l’intera Eurozona”, e Syriza, il partito di governo ellenico, non pensa a questa ipotesi perché “non siamo una forza populista, siamo fortemente europeisti”. Lo dice Theodoros Angelopoulos, esponente del movimento e consigliere regionale dell’Attica, intervenendo a un convegno a Roma, organizzato da L’altra europa con Tsipras. Angelopoulos conferma che Atene non cerca uno strappo, ma sostiene che “all’ultima riunione dell’Eurogruppo è stato deciso di stringere una corda intorno al collo della Grecia”. E “di fronte ai diktat non ci rimane altro che disobbedire”, sottolinea. Eunews lo ha intervistato per capire come Syriza stia vivendo la difficile trattativa con l’Europa. Un negoziato che sta ridimensionando la possibilità di realizzare molte delle promesse fatte dal primo ministro Alexis Tsipras in campagna elettorale.
Eunews – Quando all’Eurogruppo è stato raggiunto l’accordo per il prolungamento di 4 mesi del programma di aiuti, alcuni esponenti del vostro partito hanno manifestato dissenso per l’ammorbidimento delle posizioni greche. Cosa succede dentro Syriza?
Angelopoulos – Syriza non è un blocco monolitico. C’è un dibattito interno, ma è quello che tiene vivo un partito. Del resto, succede anche nelle migliori famiglie di discutere. Ma dal dibattito esce poi una posizione maggioritaria che viene seguita.
E. – L’ultima lettera inviata dall’esecutivo greco, con alcune proposte per le riforme, è stata giudicata vaga e insufficiente. La mancanza di un piano dettagliato è dovuta alla difficoltà di trovare una sintesi all’Interno del movimento e della coalizione di governo?
A. – No, assolutamente. Bisogna trovare una via di equilibrio con l’Europa. Nella scorsa riunione dell’Eurogruppo ci siamo trovati 18 contro 1. Ma noi non possiamo accettare diktat. Non si possono ignorare le richieste di 11 milioni di cittadini. E’ vero che non abbiamo fatto grandi cose, ma non ci scordiamo che il governo ha appena due mesi di vita. La nostra prima priorità è stata fare un disegno di legge per affrontare la crisi umanitaria: migliaia di famiglie senza energia elettrica perché non potevano pagare le bollette, bambini che svenivano a scuola a causa della malnutrizione. Non sono cose di poco conto.
E. – In Italia, tra chi vi appoggia, c’è chi ha letto la concessione di un accordo temporaneo come il tentativo, da parte soprattutto della Germania, di provare a spaccare il fronte che sostiene Tsipras. Che ne pensa?
A. – Il progetto è chiaramente quello di creare un offuscamento dell’immagine di Tsipras e del governo di fronte all’opinione pubblica. C’è un tentativo anche da parte dei mass media, in Grecia, di destabilizzare l’immagine della linea che sta tracciando il governo. Ma oggi, i sondaggi dicono che il 60% dei cittadini è con Syriza e l’80% sta con Tsipras.
E. – E se per raggiungere un compromesso con le istituzioni europee il vostro premier dovesse rinunciare a molte delle promesse fatte in campagna elettorale?
A. – Voglio ricordare che le politiche e le ricette economiche somministrate finora dall’Europa sono state responsabili dell’ascesa di Alba dorata, un partito neonazista e criminale. Noi siamo un laboratorio per una nuova proposta in Europa, come lo è Podemos in Spagna. Anche in Italia ci sono forze che possono portare il loro contributo. Non voglio pensare a scenari catastrofici. Sono convinto che di fronte alle idee che portiamo avanti si apriranno sempre più porte.
E. – Anche il nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si propone in Europa come una forza di cambiamento. Come giudica i risultati che ha ottenuto e il sostegno che ha dato al vostro esecutivo nelle trattative con l’Ue?
A. – Non è sicuramente compito mio, né di Syriza, criticare la presa di posizione di un altro governo europeo, che comunque i tentativi li fa. Questo lo dobbiamo riconoscere.
E. – L’avvio di una commissione in Grecia per richiedere alla Germania il risarcimento dei danni di guerra è stata giudicata dal presidente del Parlamento europeo Martin Schulz una provocazione.
A. – È una questione per la quale la sinistra greca si è sempre battuta, anche perché ha pagato con il sangue l’occupazione nazista negli anni 40.
E. – Che la richiesta arrivi adesso sembra una sorta di ritorsione per la rigidità dimostrata da Berlino al tavolo delle trattative sul debito greco.
A. – Non è vero. Capisco che fuori dalla Grecia la campagna elettorale di Syriza non sia stata seguita punto per punto. Ma la questione della richiesta dei danni di guerra faceva già parte del nostro programma. È naturale che Tsipras, da primo ministro, sia venuto a sostenerla in Parlamento. Stimo e rispetto Schulz per il lavoro che tenta di fare. Non so quanto fosse informato delle nostre proposte elettorali, ma quello che ha fatto Tsipras non era un fuoco d’artificio, era una previsto dal nostro programma elettorale.
E. – C’è stato un tentativo della Russia di inserirsi nella partita tra la Grecia e le istituzioni europee, offrendo la disponibilità di aiuti economici, che però avrebbero un prezzo politico da pagare. Mosca può rappresentare una sponda per Atene se le porte di Buxelles continueranno a essere pressoché chiuse alle proposte di Tsipras?
A. – La politica geostrategica della Russia, fin dal periodo degli zar, è sempre stata orientata al Mediterraneo. Noi però siamo fermamente a favore di una Europa unita e continuiamo a lavorare in questo senso.