Strasburgo – I matrimoni e le unioni omosessuli considerati una questione di “diritti umani”. L’Aula di Strasburgo ha approvato un rapporto sui diritti umani stilato dal democratico italiano Pier Antonio Panzeri nel quale c’è un preciso riferimento a queste unioni.
Si tratta di una relazione non legislativa che ha ricevuto 390 voti a favore, 151 no e 97 astensioni, che “deplora che l’omosessualità sia tuttora sanzionata penalmente in 78 Paesi, sette dei quali prevedono la pena di morte” e che al paragrafo 162 prende atto “della legalizzazione del matrimonio e delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in un numero crescente di Paesi nel mondo, attualmente diciassette”, e per questo incoraggia “le istituzioni a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso” in quanto “questione politica, sociale e di diritti umani e civili”.
Un passaggio quest’ultimo che ha fatto esultare Daniele Viotti (Pd), co presidente dell’Intergruppo Lgbti al Parlamento Europeo, secondo cui quella di oggi è “una mattinata e una settimana che ricorderemo per i passi importanti realizzati dall’Europa sul tema dei diritti Lgbti e della parità di genere”. Viotti si è detto “molto soddisfatto perché questo rapporto pone delle direttive chiare sul comportamento europeo in termini di autodeterminazione del corpo femminile e di opposizione a ogni pratica omofobica e transfobica e perché è stato votato favorevolmente dalla quasi totalità del Pd”.
Per Parlamento #Ue #unionicivili e #NozzeGay fanno parte #diritti umani e civili. Prima di inizio CdM qualcuno informi Renzi & Alfano.
— Nichi Vendola (@NichiVendola) March 12, 2015
L’Aula di Strasburgo ha deciso però di eliminare dalla relazione una parte in cui questa apertura alle unioni omosessuali era ancora più forte. In Plenaria è stato approvato, con 388 voti favorevoli, 229 contrari e 21 astenuti, l’emendamento 3 proposto dal popolare romeno Cristian Dan Preda che ha eliminato il paragrafo 165 del testo in cui si affermava, tra le altre cose, che “i diritti fondamentali delle persone Lgbti sarebbero maggiormente tutelati se esse avessero accesso a istituti giuridici quali coabitazione, unione registrata o matrimonio”.
Il paragrafo 165 cassato parlava di anche di “rammarico” per l’esito del referendum croato del dicembre 2013 a favore di un divieto costituzionale dell’equiparazione dei matrimoni omosessuali, “deplorava” che nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia “sia attualmente all’esame del parlamento un progetto di legge che prevede un divieto costituzionale dei matrimoni tra persone dello stesso sesso” sottolineando che “sviluppi di questo tipo contribuiscono a un clima di omofobia e discriminazione”. Sempre nella parte eliminata si evidenziava “che vi è la forte esigenza di migliorare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone Lgbti, anche attraverso normative sui crimini motivati dall’odio e in materia di antidiscriminazione”.