Bruxelles – “Non una missione di polizia, ma una missione umanitaria”. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, descrive così la proposta italiana di istituire campi di identificazione “interni”, su territorio africano, per la registrazione di quanti vogliono partire alla volta dell’Ue. Si tratta di campi migranti di primo controllo, dove poter gestire i flussi migratori in uscita, identificare le persone e gestire le richieste di asilo, decidendo già dal nord Africa chi potrà avere accesso all’Europa e chi no. Alfano porta la proposta al tavolo del Consiglio Affari interni (dedicato al terrorismo), con l’obiettivo di trovare un accordo politico al più presto. Si tratta di “un’azione che non si può immaginare facciano solo i governi”. Serve quindi il coinvolgimento delle “organizzazioni”, e dunque la creazione di una rete che richiederà tempo e, probabilmente, il dover collaborare con i regimi africani. Ma non c’è alternativa. Per rispondere alla sfida dell’immigrazione irregolare “serve uno screening delle persone in transito, per sottrarle ai mercanti di morte”, sostiene Alfano, e l’idea di campi profughi in territorio africano “consente all’Europa di fare uno screening”.
Allo stesso tempo occorre intervenire in Libia, perchè “se non si risolve la questione libica non si risolve la questione immigrazione ed è inutile parlare di speranza di bloccare le partenze”. Questo, a detta del ministro dell’Interno, deve diventare un punto dell’agenda politica europea, perchè i dati che l’agenzia Frontex per il coordinamento delle frontiere esterne sembranno essere veritieri. Frontex avverte del possibile arrivo di un milioni di migranti, “cifre che non possono essere veritiere al dettaglio”, ma per Alfano non c’è dubbio che in Libia “la pressione è altissima”. Ecco perchè “è dovere della comunità internazionale” lavorare per una soluzione delle questione libica. A rassicurare Alfano è la Francia. “La preoccupazione dell’Italia è anche la nostra e quella dell’Europa”, sostiene il ministro degli Interni francese, Bernard Cazeneuve.