Con 357 sì, la Camera dei deputati ha approvato la riforma costituzionale che modifica il bicameralismo perfetto del sistema italiano. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dato ancora una volta prova, anche di fronte ai partner europei, che il percorso di riforme intrapreso procede e la sua maggioranza lo sostiene. Il premier, congratulandosi con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, firmataria del disegno di legge, esulta su Twitter: “Voto riforme ok alla Camera. Un Paese più semplice e più giusto”
Voto riforme ok alla Camera. Un Paese più semplice e più giusto. Brava @meb, bravo @emanuelefiano, bravi tutti i deputati magg #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) March 10, 2015
Al di là dei numeri che danno ragione a Renzi, tuttavia, rimane un forte fermento nel panorama parlamentare. Il Partito democratico ha retto più o meno compatto. Solo pochi deputati non hanno partecipato al voto in dissenso con la riforma, tra i quali gli ultra dissidenti Stefano Fassina e Pippo Civati. Tuttavia gli attriti nel partito del premier sono più ampi. La componente che fa capo all’ex segretario Pier Luigi Bersani ha dato prova di “responsabilità”, ma in cambio pretende modifiche alla legge elettorale, che dopo aver ottenuto l’ok del Senato deve tornare alla Camera per il via libera definitivo.
È proprio sull’italicum che la minoranza dem si giocherà la partita. Il premier è contrario a qualsiasi modifica, perché imporrebbe un altro passaggio a Palazzo Madama, dove la maggioranza conta su numeri molto più stretti. Ma dal Senato deve passare anche il disegno di legge approvato oggi a Montecitorio, e senza un cambiamento degli attuali equilibri, lì i dissidenti del Pd potrebbero essere determinanti. Soprattutto adesso che il patto del Nazareno con Forza Italia sembra definitivamente sepolto.
In virtù di quel patto, le modifiche della Costituzione erano state votate al Senato anche da Forza Italia, che a Montecitorio ha invece fatto mancare il suo appoggio. Non sono tanto i ritocchi fatti al testo ad aver fatto cambiare idea al leader del partito Silvio Berlusconi, quanto il mutato scenario politico. Le elezioni amministrative sono ormai alle porte – a maggio si voterà in sette regioni e oltre mille comuni – ed è tempo di definire le alleanze.
E’ questo che ha spinto Berlusconi a cedere ai cosiddetti ‘falchi’ del suo movimento, per ingraziarsi il segretario della Lega Matteo Salvini. L’eurodeputato alla guida del Carroccio esclude infatti ogni alleanza, anche a livello locale, con chi sostiene il governo Renzi. Per tenere in piedi il cartello elettorale con Salvini, però, il partito azzurro ha messo a rischio la propria tenuta. Se revocare l’appoggio alle riforme significa ricucire la frattura con l’ala dell’europarlamentare Raffaele Fitto, dall’altro lato provoca nuove spaccature: il deputato Gianfranco Rotondi ha votato sì alla riforma, contravvenendo alle indicazioni del gruppo; e la fronda capeggiata da Denis Verdini – il tessitore dei rapporti di Fi con Renzi – ha obbedito solo “per affetto” nei confronti di Belusconi, secondo quanto si legge in un documento sottoscritto da 17 onorevoli verdiniani.
Anche la Lega non sta messa bene. L’intransigenza di Salvini nella chiusura al Nuovo Centrodestra del ministro Angelino Alfano trova una dura opposizione in Flavio Tosi. Il sindaco di Verona ritiene indispensabile allargare le alleanze al centro – quindi anche ad Alfano – e potrebbe mettersi di traverso nella corsa di Luca Zaia a governatore del Veneto, mettendone a serio rischio la riconferma.
Come si risolverà la partita in casa leghista lo si saprà nelle prossime ore. Resta il fatto che le elezioni regionali appaiono come lo scoglio principale per la prosecuzione del cammino delle riforme istituzionali. Non è un caso che la nuova legge elettorale sarà calendarizzata dopo il voto di maggio, e anche la votazione definitiva sulla riforma costituzionale, vista la procedura speciale prevista dalla stessa Carta, non potrà arrivare prima dell’estate.
Una volta affrontate le amministrative, Renzi potrà davvero tirare le somme. Forza Italia sarà più libera di tornare a fornire un appoggio – magari solo in parte, con la componente verdiniana – e magari anche gli ex M5S potrebbero aggregarsi alla maggioranza, come prospettato ieri dal senatore Lorenzo Battista in una lettera ai suoi colleghi fuoriusciti dal movimento di Beppe Grillo.
Poi rimane l’ipotesi sempre negata dal premier ma che per molti resta concreta: elezioni politiche anticipate. Uno scenario che per lo stesso Renzi potrebbe risultare preferibile qualora anche le amministrative dovessero confermare il suo appeal presso l’elettorato.