Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha proposto l’idea di un esercito comune europeo per rafforzare l’immagine dell’Europa all’estero, soprattutto agli occhi della Russia. Secondo lui un esercito unito europeo garantirebbe più sicurezza e dimostrerebbe la pace che esiste tra i paesi membri.
Non è chiaro il significato politico della proposta di Juncker, che non è certo nuova, che è già bocciata ripetutamente durante gli scorsi due decenni. Infatti, la Gran Bretagna ha risposto immediatamente alla proposta – negativamente, com’era prevedibile. Gli stati membri dell’Unione hanno continuamente manifestato un attaccamento conservatore a tutti settori che ruotano intorno alla difesa – l’industria, il mercato e la sicurezza. E’ quindi stata una mossa, quella di Juncker, a sorpresa, e il suo significato politico è tutto da capire, come spiega Rosa Balfour Direttore del programma di ricerca sulla politica estera dell’Ue all’European Policy Centre (EPC).
E’ possibile che Juncker abbia voluto cogliere un momento di grande insicurezza, soprattutto a Est, a causa della crisi in Ucraina. I paesi baltici, la Finlandia, la Polonia si sentono minacciati dal comportamento aggressivo della Russia, che ha più volte fatto piccole incursioni nei territori Ue (ad esempio la Russia tiene ancora sotto arresto una guardia frontaliera estone). Per questi Stati, “la sicurezza territoriale diventa importante di fronte ad un’insicurezza che sale, vista la vicenda ucraina”.
Però secondo Balfour però la proposta, che già di per se ha pochi sostenitori, cade anche “in un periodo di rinazionalizzazione e di scarsa solidarietà tra gli stati membri”. Tra i problemi con la Grecia, il dibattito in Gran Bretagna sulla sua appartenenza all’Unione, la riluttanza in tutte le capitali a rimettere mano sui trattati, è difficile immaginare che un esercito europeo possa trainare l’Unione verso una maggiore integrazione.
Può darsi, infine, “che Juncker stia cercando di rilanciare il ruolo della Commissione, che ha perso smalto durante il decennio di Barroso, principalmente a favore degli stati membri”, dice Balfour. Juncker, da buon federalista di un tempo, immagina una Commissione che funga da traino per gli stati membri, non il contrario. Due settimane fa ha lanciato l’Unione energetica – progetto ambizioso, che potrebbe veramente determinare il futuro delle prossime generazioni, e che perchè venga realizzato incontrerà molti ostacoli nei paesi membri e sul mercato. “Il settore della difesa è ancora più ancorato a vecchi schemi. Forse che la Commissione vuole fare qualche passo in avanti anche nella difesa?”, si domanda Balfour. L’intervista di Juncker, che arriva dopo la nomina di Michel Barnier a suo consulente per la Difesa e sicurezza (in particolare dal punto di vista industriale) sembra riflettere, commenta l’esperta, “una volontà di rafforzare quelle poche competenze che la Commissione ha attualmente nel campo della difesa”.
La politica della difesa dell’Ue è però, sottolinea Balfour, ancora “sclerotica” e dovrebbe invece aprirsi alle nuove visioni che “non sono solo esercito, ma anche capacità di analisi, integrazione delle tecnologie e delle conoscenze, tutti fronti fondamentali sui quali l’Unione è invece ancora molto indietro”.