In Svizzera, per ogni 100mila nascite sei donne muoiono di parto. In Sierra Leone 1.100. Questo vuol dire che nel Paese africano ci sono 183 volte più probabilità di morire nel portare al mondo una nuova vita. Il numero di ragazze iscritte alla scuola primaria nel Regno Unito è pari al numero delle loro coetanee in Etiopia che invece a scuola non ci possono andare. Sono solo alcuni degli spaventosi numeri contenuti nello studio pubblicato nella giornata internazionale della donna dalla ong One, dal titolo “La povertà è sessista”, che mostra come la vita di una donna nei Paesi in via di sviluppo sia infinitamente più difficile di quella delle donne occidentali e dei Paesi ricchi. Lo studio evidenzia ad esempio come circa 39mila ragazze di età inferiore ai 18 anni diventano spose bambine ogni giorno, con una alta probabilità di subire abusi dai loro mariti. Come in Francia il 97% delle donne hanno un conto in banca mentre in Ciad, meno del 7%, ovvero quasi il 40% in meno rispetto agli uomini. Segno che, se è vero che nel Paese dell’Africa centrale la povertà è molto diffusa, questa riguarda senza ombra di dubbio di più le donne.
Per questa l’associazione fondata da Bono, front man del gruppo rock U2, ha lanciato una campagna, sottoscritta già da diverse personalità del mondo dello spettacolo e della cultura, tra cui Meryl Streep, Beyoncé, Lada Gaga e Charlize Theron, per chiedere ai leader mondiali di mettere le ragazze e le donne al centro delle loro politiche in quest’anno, il 2015, in cui dovranno concordare nuovi obiettivi globali per definire l’agenda di sviluppo per una generazione.
“La povertà è sessista: lo vedo tutto il tempo, troppo spesso le donne e le ragazze sono più colpite dalla povertà e lasciate sole a trasportare i propri fardelli”, per questo “investire su di loro è la soluzione”, ha dichiarato Ellen Johnson Sirleaf, la presidente della Liberia. Per Tamira Gunzburg, direttrice di One Bruxelles, “se l’Unione europea è vuole davvero porre fine alla povertà estrema deve adottare misure specifiche per le donne e le ragazze, così come per i paesi più poveri”. Gunzburg, che ha detto di ritenere “gli aiuti allo sviluppo centrali per questo sforzo”, ha chiesto all’Ue e i suoi Stati membri “di tornare ad investire lo 0,7% del reddito nazionale lordo collettiva in aiuti allo sviluppo, e di indirizzare la metà degli aiuti verso i paesi meno sviluppati”.