L’iniziativa della Commissione di rendere disponibile immediatamente un miliardo in più per il prefinanziamento dei progetti legati all’Iniziativa giovani va bene, e segna una vittoria dei socialisti europei che “l’avevano chiesto sin da subito”. Ma va dato più tempo ai Paesi per usare le risorse Ue, perché con l’attuale clausola concepita da Bruxelles per stimolare efficienza e rapidità si rischia “un effetto controproducente”. Brando Benifei, membro della commissione Lavoro del Parlamento europeo e relatore ombra per il gruppo S&D alla proposta di modifica di regolamento del Fondo sociale europeo riguardante la quota di prefinanziamenti dell’Iniziativa a sostegno dell’occupazione giovanile, spiega a Eunews cosa rischia di non andare in una strategia di cruciale importanza. Lunedì il Consiglio farà conoscere la propria posizione sul dossier, ma Benifei non attende e già lavora agli emendamenti.
Cosa chiedete come gruppo S&D e quindi che modifiche volete apportare alla proposta di regolamento?
Stiamo riflettendo su tre aspetti, che sono i tre aspetti della clausola per cui se entro un anno non è stata spesa almeno la metà delle risorse di prefinanziamento bisogna restituire l’intero ammontare destinato allo Stato membro. Ci chiediamo: il 50% è una cifra troppo alta? Non sembrerebbe a vederla così, ma sappiamo che che finora gli Stati membri, non solo l’Italia, hanno avuto problemi nell’impiego i fondi Ue. I dodici mesi di tempo è un altro parametro adeguato? A nostro avviso potrebbe rivelarsi eccessivamente restrittivo. Forse c’è bisogno di più tempo. E poi c’è il dover restituire tutto: per noi bisogna stare attenti nel definire le condizioni perché si potrebbe rischiare di creare un disincentivo per gli Stati membri.
Ma la Commissione ha inserito questa clausola proprio con questo spirito, quello di imporre ai governi di spendere le risorse presto e bene.
Voglio essere chiaro: noi del gruppo S&D siamo d’accordo col fatto che serva una tabella di marcia più serrata, anche perché in prospettiva se nel 2016 arriviamo alla revisione del bilancio pluriennale senza aver usate le risorse del fondo sociale europeo, rischiamo che poi qualcuna possa dirottare su altre voci di spesa. Vogliamo evitare però effetti controproducenti con criteri troppo stringenti, e quindi vogliamo avviare una riflessione su questo.
Gli altri gruppi sono d’accordo?
Sulla necessità di fare in fretta e sulla necessità di aumentare la quota di prefinanziamenti sì. Sul resto al momento la relatrice al testo Elisabeth Mortin-Chartier non ha intenzione di presentare emendamenti, e quindi al Ppe sembra andare bene la proposta della Commissione così com’è.
Quando dice che c’è intesa tra voi e gli altri gruppi a chi si riferisce?
Verdi, Alde, Gue. Anche con l’Ecr c’è condivisione sulla necessità di fare presto.
E l’Efdd?
L’Efdd non ha partecipato alla riunione dei relatori. I grillini dicono sempre che vogliono occuparsi di giovani, ma poi quando si invita il loro gruppo non vengono. Non sappiamo neppure chi sia il loro relatore.
Quando dite fare presto che significa?
Intendiamo approvare il testo in commissione il 16 aprile, e votare in plenaria a giugno.
Dunque sotto presidenza lettone. Avete già qualche riscontro dalla presidenza?
La posizione del Consiglio verrà presentata lunedì, ma sappiamo che gli Stati membri sono convinti della necessità di fare presto. E’ ovvio che sul contenuto sappiamo che i punti sui cui vogliamo aprire la riflessione sono frutto di un compromesso, tenendo conto anche di contribuenti netti per cui l’iniziativa giovani neppure si applica…
La Germania?
Germania, ma anche Danimarca.
L’iniziativa giovani rischia di essere un effetto tampone?
Può esserlo. E’ un approccio tutto della destra europea quello per cui queste cose da sole possono bastare a risolvere il problema. Secondo la destra europea basta avviare un processo e poi il mercato risolverà. Questo non è il nostro approccio. Noi pensiamo che oltre all’iniziativa per i giovani servano altre misure, come una fiscalità europea e una politica industriale.
Di fatto sta riscrivendo l’agenda politica dell’Ue. Quanto alla politica industriale, negli ultimi anni la Commissione, con Antonio Tajani, si è spesa molto su questo fronte. E’ un’implicita bocciatura a Tajani?
Non la metto sul personale. E’ la Commissione Barroso che nel complesso non ha fatto queste cose.
L’Iniziativa per i giovani è l’ultima spiaggia?
I programmi per i giovani possono funzionare solo se inseriti in un contesto di crescita. Da soli non bastano per risolvere la crisi. Ecco perché è importante che ci sia il piano per gli investimenti di Jean-Claude Juncker, e la comunicazione sulla flessibilità.
Ma il piano Juncker per gli investimenti, così com’è stato concepito, nella migliore delle ipotesi creerà 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro in tre anni in tutta l’Ue. Non è un po’ poco?
Non è poco rispetto al niente di Barroso, ma certo non è sufficiente. Servono anche politiche a sostegno della crescita, e per noi Socialisti e Democratici ma ancor prima per noi del Pd è importante lo scorporo – o come si dice qui, la neutralizzazione – degli investimenti dal computo del deficit per una serie di capitoli, e su questo continueremo la nostra battaglia.
La disciplina di bilancio non rischia di impedire la spesa per i programmi a sostegno dei giovani in quei Paesi con problemi di finanza pubblica che, tra l’altro, sono anche gli stessi con problemi di disoccupazione giovanile?
Con la comunicazione sulla flessibilità abbiamo già ottenuto un impatto significativo. Questo, insieme a un miliardi di euro in più di prefinanziamento, è certamente qualcosa di positivo. Come detto, perché i programmi per i giovani funzionino servono altre misure, tra cui una minore ossessione per il consolidamento fiscale. Sulle questioni di bilancio la partita vera, la partita chiave, è quella della fiscalità europea, a partire dall’Eurozona. Serve la costruzione di un bilancio proprio, un sistema di risorse proprie, assieme ad un regime di tassazione tale da evitare concorrenza sleale. Dico che questa è una partita chiave perché la fiscalità europea è motivo di ulteriore integrazione.
Flessibilità e prefinanziamento. L’Ue ha fatto la sua parte e adesso sull’iniziativa giovani tutto spetta agli Stati?
Diamo agli Stati gli strumenti per investire e respirare, altrimenti si fa retorica. Non diamo tutte le responsabilità agli Stati membri, anche se certamente loro hanno la responsabilità di usare tutte le risorse e bene. Ma gli Stati membri devono avere anche sostegno, che significa meno rigidità.
Eppure sono gli Stati che devono spendere, e molti, in molti Paesi, non hanno fiducia nella politica. Per questo chiedevo, e torno a chiedere, se l’iniziativa giovani è l’ultima spiaggia. Che succede se i Paesi spendono male?
L’iniziativa va letta come un’opportunità, dato che si rivolge soprattutto ai Neet, quanti non studiano e non lavorano. E’ la fascia che rischia l’emarginazione e l’esclusione sociale. Per questo il monitoraggio di quello che avviene sarà fondamentale.
Chi controllerà?
La Commissione, ma noi del Parlamento rivendicheremo il diritto a essere informati e aggiornati.
Torno ai gruppi. L’Efdd non l’avete incontrato, ma con i Non Iscritti avete avuto modo di confrontarvi?
Ancora non ci siamo parlati. Comunque auspico che tutti i colleghi italiani sostengano con forza il nostro lavoro.