L’europeismo e l’atlantismo “sono due pilastri della politica estera italiana da decenni”. Inizia così la comunicazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni all’Aula di Montecitorio. “Essere europeisti oggi – prosegue – significa battersi per il cambiamento dell’orientamento dell’Ue in direzione della crescita, degli investimenti e dell’occupazione”. In questa ottica, la vicenda della Grecia, “se Syriza e il governo Tsipras confermeranno” gli impegni presi, “può tradursi in una opportunità” per “far cambiare corso all’Ue”.
Un obiettivo per il quale il titolare della Farnesina conferma l’impegno del governo e ritiene che serva “una maggiore integrazione” dell’Unione. Tanto a livello politico quanto economico. Una maggiore integrazione che deve riguardare anche la governance monetaria. Infatti, per seguire la strada della crescita, degli investimenti e del rilancio occupazionale, secondo Gentiloni “c’è bisogno di una Bce capace di svolgere fino in fondo il suo compito, che oggi i trattati gli rendono difficile”.
Il capo della diplomazia italiana affronta anche le situazioni di crisi nelle quali il nostro Paese è chiamato a fare la sua parte insieme con i partner europei e la comunità internazionale. Al primo punto la Libia, con “gli sforzi in corso per arrivare a un governo di unità nazionale”. Questo rimane, per Gentiloni, il faro dell’iniziativa portata avanti in sede Onu, con la mediazione dell’inviato speciale Bernardino Leon. Ma il ministro ammette che “in questi giorni si alternano notizie positive e negative” sul dialogo in corso, come emerso ieri dall’incontro tra il segretario generale della Nato Jens Stoltemberg e il premier Matteo Renzi. Per questo conferma che “l’Italia è pronta a fare la sua parte” in relazione a nuove “decisioni da parte delle Nazioni unite, se l’iniziativa” diplomatica dovesse naufragare.
Legata alla crisi libica è l’emergenza dei crescenti flussi migratori. Su questo terreno Gentiloni chiede all’Europa di “fare di più”. Apprezza che, “su spinta del governo italiano, l’Ue abbia deciso di rispondere con uno stanziamento di fondi straordinari a Triton, ma serve di più”, indica il ministro, aggiungendo che “l’Italia non gira la testa dall’altra parte” e continua a soccorrere i migranti, ma ha bisogno di un sostegno maggiore dei perone europei.
L’altro teatro di crisi al centro dell’attenzione è l’Ucraina. Da mesi il governo sta “sostenendo con coerenza la stessa linea”, sostiene il capo della Farnesina: “Da un lato la fermezza nella difesa del diritto internazionale”, dall’altro “la promozione del dialogo” con la Russia. Una linea condivisa dall’Europa e che “verrà ribadita con il viaggio del presidente del Consiglio” a Mosca e Kiev, la prossima settimana.
Infine il Medio Oriente, dove l’Italia “è impegnata contro Daesh (l’Isis)” perché “ci battiamo per la difesa della democrazia” e “contro la barbarie”, spiega il ministro. In quell’area, però, la minaccia non è solo quella del Califfato di al-Baghdadi. E’ necessario, secondo il numero uno della Farnesina, intervenire anche sul processo di pace israelo-palestinese, perché il rischio è di uno “slittamento verso un conflitto religioso”. Sulla “soluzione dei due Stati – ricorda il ministro – si pronuncia da tempo la comunita internazionale”. Anche l’Italia la sostiene, e Gentiloni annuncia che “il governo valuta favorevolmente l’impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento dello Stato palestinese e rilanciare il processo di pace”. Su questo, oggi, la Camera discuterà alcune mozioni presentate da diverse forze parlamentari.