Tanti progetti, poche certezze. Tanti impegni pubblici, pochi privati. Ma soprattutto poca innovazione. Il piano per gli investimenti di Jean-Claude Juncker lascia più di qualche perplessità alla Banca europea per gli investimenti, l’istituto chiamato a un ruolo centrale nell’attuazione della strategia dell’esecutivo di Bruxelles. Werner Hoyer, presidente della Bei, espone i risultati dell’organismo nel corso della tradizionale conferenza annuale. Ma al di là dei numeri di rito, è sugli scenari futuri che si concentra l’attenzione della Bei. “L’obiettivo del 2015 è passare dalla ripresa economica al rilancio della competitività attraverso investimenti e innovazione”, sottolinea Hoyer. Ma a Lussemburgo – sede della Bei – non mancano perplessità. “Non vedo abbastanza progetti per il settore privato”, ammette Hoyer. Un problema, visto che serve il coinvolgimento dei privati perchè il piano Juncker funzioni. “Vedo progetti orientati principalmente verso il settore pubblico”.
Ma c’è di più. Forse, a sentire Hoyer, ci si è concentrati solo su un aspetto del problema. “Si è evidenziato tanto il gap di investimenti, ma in Europa c’è un problema di gap di innovazione”. La lacuna per gli investimenti, da sola, vale 130 miliardi di euro, circa la metà del piano Juncker (che vale 315 miliardi). Ma l’innovazione oggi la fanno le imprese, dunque i privati. Per cui a detta della Bei “occorre fare in modo che progetti privati in ricerca e sviluppo, quelli che permettono di avere innovazione, possano avere accesso agli strumenti finanziari dell’Ue”. Qui serve un cambio di strategia politica. La Banca europea per gli investimenti coopera con i commissari interessati, vale a dire Jyrki Katainen (Crescita e investimenti), Pierre Moscovici (Affari economici) e Valdis Dombrovskis (Euro), ma è il caso “iniziare a collaborare di più con Frans Timmermans e Kristalina Georgieva”, commissari rispettivamente per la Migliore legislazione e il Bilancio. “Il fondo Feis per gli investimenti da solo non risolve i problemi”, sottolinea Hoyer. “Se vogliamo tornare a crescere abbiamo bisogno di un’azione regolatoria per rendere l’Europa un ambiente più favorevole alla imprese di come è oggi”.