Mi chiedono che cosa penso dell’accordo di venerdì sera all’Eurogruppo sulla Grecia. È una capitolazione di Varoufakis, di Tsipras, di Syriza, di fronte alle divisioni corazzate dell’austerità tedesca? Secondo me no.
Il governo greco ha fatto molte concessioni, è vero, ma la partita venerdì è solo cominciata. Il ministro del Tesoro Varoufakis aveva bisogno di tempo e di liquidità, per i prossimi quattro mesi. Ed era un bisogno vitale. Ha avuto il tempo (ricordate l’ultimatum? beh, ora è sparito) e avrà la liquidità per pagare i creditori alle scadenze importanti che ci sono prima dell’estate e per mantenere le banche greche sul mercato. Certo, dovrà ancora negoziare misura per misura, per evitare che gli vengano imposte le “riforme” recessive, antisociali, ingiuste care ai sacerdoti dell’austerità.
Varoufakis dovrà combattere anche per affermare la sua interpretazione della “ambiguità costruttiva” insita nell’impegno che ha preso di mantenere un avanzo primario “appropriato”. Lui dice che non sarà più questione di avere l’avanzo primario al 3% del Pil quest’anno e al 4,5% negli anni successivi. Sono, questi, gli obiettivi insostenibili (per un paese nella situazione della Grecia oggi, dopo una caduta del Pil del 25%, come dopo una guerra persa), che erano stati irresponsabilmente imposti dalla Troika e che aveva irresponsabilmente accettato il governo Samaras. Credo che sia il punto più importante per Varoufakis, limitare l’avanzo primario all’1,5%, ed è su questo che si concentrerà il negoziato per il “nuovo patto” che Atene vuole fare con l’Eurozona per dopo l’estate.
Venerdì la Grecia, per la terza volta in pochi giorni, ha combattuto una battaglia da sola contro 18 altri paesi. É vero, ha avuto un aiuto dalla Commissione (senza Juncker e Moscovici probabilmente non ci sarebbe stato accordo), e Dijsselbloem ha svolto davvero il suo ruolo di presidente e mediatore (e non semplicemente di cinghia di trasmissione dei diktat tedeschi). Francia e Italia non si sono schierate generosamente con Atene, ma quantomeno hanno continuato a escludere qualunque ipotesi di uscita della Grecia dall’Eurozona (lo ha ribadito ieri anche Merkel, con coerenza).
Il vero problema che avevano Varoufakis e Tsipras, comunque, non era economico o finanziario, ma eminentemente politico: per Berlino, Madrid, Lisbona, Dublino e per tutti quelli che hanno sostenuto l’ideologia dell’austerità in questi anni, non poteva passare l’idea che un governo che vince sulla base di un programma risolutamente contro l’austerità possa poi realizzare concretamente le sue promesse elettorali. I governi di centro destra, assediati dalle opposizioni come Podemos in Spagna, avevano bisogno di poter dire oggi: “Vedete? in Grecia ammettono ora di aver vinto ingannando la gente con un programma velleitario, e ora saranno loro stessi ad attuare l’austerità che combattevano dall’opposizione, perché all’austerità non c’è alternativa”.