Dallo scoppio della ribellione contro Mu’ammar Gheddafi, all’intervento internazionale e fino al momento attuale in cui le milizie integraliste islamiche minacciano di prendere la capitale del Paese, la situazione nello Stato nordafricano è stata in continua evoluzione. Proviamo a ripercorrere le tappe delle battaglie cruciali degli ultimi anni per cercare di capire come il Paese sia precipitato nel caos in seguito al disfacimento delle istituzioni che per più di quarant’anni ne avevano garantito la stabilità. In Libia adesso ci sono due governi, uno a Tripoli di matrice islamica e l’altro a Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale – e con i jihadisti di Isis che hanno preso il controllo di Derna e Sirte.
Lo scoppio della guerra civile
La guerra civile in Libia scoppiò nel febbraio del 2011 con le opposizioni che insorgono contro Gheddafi, al potere da 42 anni. In poche settimane i ribelli presero possesso di buona parte della regione orientale del paese, tanto che tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo Gheddafi fu costretto a lanciare una violenta controffensiva verso est. Da Brega, i ribelli riuscirono però ad avanzare verso ovest, fino a raggiungere Bin Jawad, che assieme a Ras Lanuf e Zawiya diventarono tra le loro roccaforti più importanti. La potenza di fuoco dell’esercito governativo, e il supporto dell’aviazione, permisero però a Gheddafi di respingerli successivamente fino a Bengasi, nella parte più settentrionale del golfo di Sidra.
L’intervento statunitense e poi della Nato
Attorno alla metà di marzo i ribelli avevano perso Zawiya e Zuara, conservando ad ovest solo Misurata, mentre ad est riuscivano ancora a controllare Agedabia, impedendo a Gheddafi di raggiungere Bengasi. A quel punto forze europee e statunitensi intervennero militarmente, con l’aviazione e operazioni missilistiche. Verso la fine di marzo i ribelli riuscirono a riconquistare, dopo averla perduta, Agedabia, e ad avanzare fino a riprendere Brega e Ras Lanuf. A inizio aprile Gheddafi lanciò una nuova controffensiva, e gli scontri si concentrarono attorno a Brega, che riuscì infine a conquistare. Nel frattempo il comando dell’operazione in Libia era stato preso in mano dalla Nato.
Con il sostegno dell’Alleanza atlantica, i ribelli riuscirono a mantenere il controllo su Misurata e a muoversi verso le zone montuose occidentali, da cui furono in grado in agosto di lanciare un attacco alla città di Zawiya e di prendere Zlitan, avvicinandosi a Tripoli; e poterono anche riconquistare Brega, fondamentale per le sue risorse petrolifere.
L’uccisione di Gheddafi e le elezioni
Dopo poco i ribelli entrarono nella capitale, e procedettero verso Bani Walid e verso Sirte, la città natale del Ra’is, dove egli dopo essere stato catturato venne ucciso in ottobre. In dicembre ci furono scontri tra milizie rivali nell’area a sud-ovest di Tripoli. Nel gennaio dell’anno seguente (2012) i lealisti fedeli a Gheddafi conquistarono Bani Walid; in marzo i capi politici della Cirenaica (l’est della Libia) proclamarono l’autonomia della regione, che si estende da Sirte al confine con l’Egitto, senza però staccarsi dal governo centrale della capitale.
Il 7 luglio 2012, si tengono le prime elezioni politiche: vincono le forze liberali di Mahmud Jibril. Due anni dopo i risultati premiano ancora i liberali. Il governo del primo ministro Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale, si insedia a Tobruk. Alcune milizie islamiche però non riconoscono i risultati e formano a Tripoli un proprio governo.
L’uccisione dell’ambasciatore americano
In giugno ci furono scontri tra un gruppo di miliziani della brigata Al-Awfia e le nuove forze governative installatesi dopo la morte del Ra’is; l’11 settembre 2012 venne ucciso l’ambasciatore americano durante un assalto al consolato guidato dai miliziani di Ansar al-Sharia; il mese successivo l’esercito regolare libico attaccò Bani Walid, conquistandola in pochi giorni.
L’anno seguente, in novembre, l’esercito si scontrò a Bengasi con le milizie islamiche Ansar al-Sharia, nel quadro del suo duro conflitto con quelle forze che, formatesi durante la rivolta contro Gheddafi, ora rifiutavano di disarmarsi. Nel gennaio del 2014 irriducibili di Gheddafi si scontrarono contro le forze governative presso la base aerea di Tamenhint, vicino Sebha. A marzo il parlamento ordinò l’invio di una forza speciale per sgombrare i porti che, nella parte orientale del paese, si trovavano in mano di quei militanti ribelli che il governo non riusciva a tenere a bada.
La proclamazione dell’emirato islamico
In maggio truppe al comando dell’ex generale Khalifa Haftar ingaggiarono a Bengasi e nel resto della Cirenaica duri combattimenti con le milizie islamiche, che in luglio riuscirono a prendere possesso della base delle forze speciali della città, proclamata di lì a pochi giorni emirato islamico da Ansar al-Sharia. Il mese successivo la milizia Alba della Libia attaccò l’aeroporto di Tripoli, e in settembre il primo ministro Abdullah al-Thani ordinò una mobilitazione generale per liberare la capitale dagli islamisti.
Agli inizi di ottobre le milizie Ansar al-Sharia dichiararono Derna emirato islamico, sventolando bandiere dell’Isis; pochi giorni dopo il comandante Haftar tentò di liberare Bengasi dalla brigata “Martiri 17 febbraio”, alleata di Ansar al-Sharia, e alla fine del mese le truppe governative furono in grado di entrare nella città, ma gli scontri nell’area ripresero subito dopo. Intanto la mobilitazione ordinata da al-Thani condusse alla presa di Kekla, nell’ovest del paese, dopo di che l’esercito poté procedere verso Tripoli, ancora in mano ai militanti di Alba della Libia.
Tra gennaio e febbraio di quest’anno l’esercito libico ha intensificato l’attacco su Bengasi, ma la situazione rimane altamente instabile nel Paese. Negli ultimi giorni sono stati eseguiti anche attacchi aerei da parte dell’Egitto contro le postazioni dell’Isis in Libia.