In Libia, “il deterioramento della situazione e la crescente minaccia terroristica portano all’aggravarsi del dramma di migliaia di persone che fuggono via mare, su barconi, verso le nostre coste”. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nell’informativa urgente alla Camera e al Senato sull’evoluzione della crisi libica, indica un aumento del flusso migratorio “del 59% rispetto allo scorso anno”. Per questo ritiene necessario “rafforzare sensibilmente Triton per adeguarla alla realtà di un fenomeno di scala enorme”. Ricordando che, “a questo proposito, ho inviato una lettera all’alto rappresentante dell’Ue Federica Mogherini, al vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e ad altri 6 commissari”, il titolare della Farnesina ribadisce la necessità che “l’Unione europea faccia molto di più, in termini di risorse finanziarie e di disponibilità di mezzi aeronavali”. Dal momento che “l’Europa è una superpotenza economica”, sostiene Gentiloni, “può andare oltre i 50 milioni di euro all’anno che oggi vengono spesi per fronteggiare una simile emergenza” migratoria.
Per quanto riguarda la situazione sul campo, il capo della diplomazia italiana invita a “valutare con attenzione” la “presenza di gruppi terroristici in Libia”. Bisogna distinguere “tra fenomeni locali, come Ansar al-Sharia (gruppo libico che si batte per imporre la legge del Corano nel Paese), criminalità comune che si appoggia strumentalmente a questi fenomeni, e realtà esterne rappresentate da combattenti stranieri, i quali rispondono a Daesh (sigla araba per Isis) e che affluiscono da aeree di crisi africane e mediorientali”. Gentiloni riporta che “questi gruppi hanno preso il controllo di una importante città come Derna. Stanno cercando di impossessarsi di Sirte, di mantenere il controllo di alcune zone di Bengasi e di guardare verso la Capitale” Tripoli.
Oggi, dunque, anche a causa degli “errori commessi dalla comunità internazionale” nella gestione del post Gheddafi, che hanno “evidenziato l’incapacità di incanalare” le varie fazioni libiche “all’interno di un dialogo democratico”, per il ministro “ci troviamo un Paese con un vastissimo territorio, con delle istituzioni praticamente fallite, e con potenziali ripercussioni non solo su di noi, ma sulla stabilità e la sostenibilità dei processi di transizione nei Paesi africani nelle sue immediate vicinanze”.
Per fronteggiare questa situazione, secondo il titolare degli Esteri, “l’unica soluzione è quella politica”. Per questo, l’esecutivo chiede “alla comunità internazionale di moltiplicare gli sforzi politico-diplomatici per stabilizzare la Libia”. Sforzi che si misureranno oggi pomeriggio, nella riunione del Consiglio di sicurezza Onu. Da questo appuntamento, Gentiloni si spetta “una definitiva presa di coscienza, al Palazzo di Vetro, della necessità di raddoppiare gli sforzi di mediazione per il dialogo politico”. Ma una “tappa cruciale – avverte – sarà rappresentata, nelle settimane successive, dal rinnovo della missione Unsmil (Missione delle Nazioni unite a supporto della Libia), che il Consiglio di sicurezza dovrà decidere il 13 marzo prossimo”.
In questo contesto, annuncia il capo della Farnesina, “stiamo lavorando con i nostri partner che siedono in Consiglio di sicurezza – ieri c’è stato un colloquio telefonico tra il premier Matteo Renzi e il presidente francese Francois Hollande, mentre Gentiloni ha sentito il segretario di Stato americano John Kerry – perché la missione venga dotata di un mandato, dei mezzi e delle risorse in grado di accelerare il dialogo politico per stabilizzare e dare assistenza a un nuovo quadro di riconciliazione e un nuovo governo di unità nazionale in Libia”.
Nello stesso senso va una dichiarazione congiunta di Francia, Italia, Germania, Spagna, Regno Unito e Stati uniti. Nel documento, i governi di questi Paesi “condannano fermamente tutti gli atti di terrorismo in Libia”, e sottolineano “ancora una volta l’impellente necessità di una soluzione politica del conflitto”. Soluzione che passa, si legge ancora, per la “formazione di un governo di unità nazionale”.
Nell’ambito delle decisioni che verranno prese in sede Onu, “l’Italia è pronta ad assumersi responsabilità di primo piano”, garantisce Gentiloni, il quale precisa che “siamo pronti a contribuire al monitoraggio del cessate il fuoco, al mantenimento della pace, a lavorare per la riabilitazione delle infrastrutture e per l’addestramento militare, in un quadro di integrazione delle milizie nell’esercito regolare”.