di Elido Fazi
La tregua sulla questione ucraina firmata a Minsk la settima scorsa ci ha ricordato che, dopotutto, solo la Francia e la Germania hanno la possibilità di sostenere un ruolo importante per influenzare la politica estera dell’Unione europea, soprattutto per ciò che riguarda forse l’aspetto più importante: l’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia.
Bisogna essere realisti e prendere atto che, per il momento, l’Europa è ancora in un periodo di transizione e che i suoi stati più potenti detengono ancora il ruolo politico principale, benché non possano più esercitarlo da soli. L’interlocutore di Obama o di Putin non è certo il presidente della Commissione e tantomeno la Mogherini. A parlare con Obama ci va Angela Merkel, e con Putin a Mosca e Minsk ci va sempre lei, la Merkel, in questo caso accompagnata dal presidente francese Hollande.
In attesa di tempi migliori in cui ci sia un unico interlocutore che possa parlare a nome dell’Europa possiamo solo sperare che la Merkel e Hollande abbiano in mente una grande visione – soprattutto la visione che l’Europa possa essere capace di condurre una politica estera e di difesa distinta da quella del suo alleato americano. E questa visione, secondo noi, non può non passare attraverso l’idea che, se vogliamo un’Europa indipendente, prospera e pacifica, dobbiamo liberarci dall’egemonia politica degli Stati Uniti e stabilire un’alleanza strategica con la Russia.
Se è vero che abbiamo interessi comuni con la potenza americana, è anche vero che abbiamo anche interessi distinti. Soprattutto gli italiani dovrebbero ricordarsi che a causa della prima e della seconda guerra mondiale (vere e proprie guerre civili europee) per la prima volta dal Medioevo i paesi europei, e l’Italia più di altri, sono stati messi sotto la tutela strategica di un paese estraneo al vecchio continente.
Oggi la situazione si sta facendo più fluida. La Germania, dopo la riunificazione, grazie alla sua potenza economica sembra aver rotto il tabù atlantico ed essere tornata, anche se non ancora pienamente, sovrana. Ma in Italia non è così. Anzi. Da noi sembrano ancora avere forza gli ardenti difensori dell’atlantismo, quelli della guerra americana in Bosnia, tanto per capirci. Anche perché l’Italia è uno dei principali depositi europei dell’arsenale nucleare americano, con circa 70 bombe nucleari.
La guerra in Ucraina, però, ci dovrebbe far riflettere sul fatto che le tradizionali distinzioni destra/sinistra si mantengono in Italia artificialmente, soprattutto per evitare le grandi questioni. Il linguaggio dei politici rimane ancora equivoco, permettendo così ad ognuno d’intendere ciò che più gli piace. “Tu non sei che un bugiardo e un sofista”, dice Faust a Mefistofele. Nel nostro paese, purtroppo, i sofisti abbondano e gli uomini politici che parlano e scrivono chiaramente sono rari. Predominano nei talk-show soprattutto quelli che non hanno niente da dire. E così possono facilmente evitare di rispondere alle domande che sono oggi fondamentali: qual è lo scopo finale dell’Unione europea, a favore di chi abbiamo operato e continuiamo ad operare eventuali trasferimenti di sovranità? Quale dovrebbe essere la nostra politica estera? Chi dovrebbero essere i nostri alleati o amici?
Per tornare ai dettagli dell’accordo di Minsk bisogna anche ricordare che sui temi caldi – le elezioni locali, il controllo dei confini e le riforme costituzionali dell’Ucraina – tutto è stato rinviato a fine 2015. Gli accordi non hanno ancora nemmeno formalizzato lo status di paese non allineato dell’Ucraina, che in fondo è la causa principale del conflitto, anche se a inizio febbraio il presidente François Hollande ha dichiarato che la Francia si opporrebbe a un ingresso dell’Ucraina nella Nato. A casa propria il presidente Poroshenko si venderà certamente come vittoria il fatto che nei documenti firmati non si parla di federazione (come avrebbe voluto Putin) e neanche dello status di paese non allineato.
Per Putin, la vittoria consiste nel fatto che ha avuto l’appoggio della Merkel e di Hollande e questo potrebbe spianare la strada ad una normalizzazione dei rapporti con l’Ue, anche se non certo con tutto l’Occidente, data la bellicosità degli americani. Per l’Europa, prima usciamo dalle sanzioni meglio è, anche se nei documenti firmati di questo non si è parlato. Ne beneficerebbe tutta l’economia europea e in particolare quella italiana, dove sembra che la Guardia di Finanza sia molto ligia nel far rispettare le sanzioni, mentre i tedeschi chiudono un occhio in caso di triangolazioni virtuose (soprattutto, pare, con la Bielorussia).
Ma Minsk non è ancora certo l’ultima parola, considerando le divisioni ancora esistenti nelle élite europee tra coloro che hanno un “lungo sguardo” sul futuro del continente euro-asiatico e coloro che vorrebbero isolare la Russia dal resto dell’Europa (e tra questi c’è anche l’Ucraina). La lotta, si diceva una volta, è ancora lunga.