Mediazioni, contatti, tavoli tecnici non sono serviti a molto se alla fine quello che l’Eurogruppo ha proposto ad Atene è stato un semplice ‘prendere o lasciare’. O il governo di Alexis Tsipras accetta di prolungare l’attuale programma così com’è o, come aveva detto mercoledì scorso il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, semplicemente non c’è nessun programma, e quindi nessun prestito per il Paese.
“Il governo Greco ci aveva parlato di un 70% del programma che sarebbe stato disposto ad accettare e un 30% su cui avremmo dovuto discutere degli aggiustamenti”, ha spiegato Jeroen Dijsselbloem secondo cui però gli altri 18 Paesi con la moneta unica hanno espresso “delusione” per queste proposte e così “non siamo riusciti a trovare degli aggiustamenti” validi. Per il presidente dll’Eurogruppo quindi l’unica strada per poter pensare di discutere un nuovo programma per Atene “è estendere l’attuale in modo da avere più mesi” per trattare. In questi mesi Atene potrebbe “usare la flessibilità già contenuta nelle regole”, ma niente più. La flessibilità però per Dijsselbloem arriverà “dopo aver firmato” e soprattutto non significa “azioni unilaterali”, e la Grecia non dovrebbe “abrogare alcuna misura” presa dal precedente governo “se non in accordo con le istituzioni”. Accettare queste condizioni metterebbe in serio pericolo il programma di Syriza, almeno nel breve periodo.
E Tsipras non avrà molto tempo per decidere visto che i termini sono piuttosto perentori: “La richiesta deve arrivare dalle autorità greche e deve essere entro venerdì”, quando in quel caso si convocherà un altro Eurogruppo straordinario. E cosa succederà se Atene deciderà di non chiedere questa proroga è presto detto, non ci sarà nessun versamento delle altre quote del prestito accordato che “sono legate al rispetto degli impegni” pregressi.
“Il motivo per cui siamo stati eletti è che riteniamo che questo programma sia parte del problema e non la soluzione. Da parte nostra sarebbe stato un sotterfugio sottoscrivere qualcosa di cui abbiamo contestato la stessa logica”, gli ha risposto il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, per cui è stato “impossibile” firmare un documento che prometteva “solo della nebulosa flessibilità”, senza “neanche entrare nei dettagli di cosa volesse dire questa flessibilità”.
Varoufakis ha accusato Dijsselbloem di aver cambiato le carte in tavola all’ultimo secondo. “Oggi mi sono incontrato con Pierre Moscovici (commissario agli Affari economici, ndr) prima della riunione dell’Eurogruppo, il quale mi ha presentato un comunicato che ero pronto a sottoscrivere che proponeva un contratto intermedio di quattro mesi”, in cui Atene avrebbe dovuto “offrire una seria di condizionalità per costruire la fiducia tra le parti”, tra cui “non mettere in pericolo l’attuale equilibrio di bilancio e le indicazioni della Bce per assicurare la stabilità finanziaria”. In cambio il governo di Tsipras “chiedeva solo di non essere costretto a imporre misure recessionistiche e contrarie alla lotta alla crisi umanitaria nel Paese”, e quindi ad esempio “nessun taglio alle pensioni più basse e nessun aumento dell’Iva specialmente nelle regioni della Grecia che in estate hanno bisogno di sostegno per il turismo”. Ma, ha spiegato Varufakis, “questo splendido documento di Moscovici è stato ritirato da Dijsselbloem e in cambio ce n’è stato proposto un altro che ci riportava a mercoledì scorso”. Il presidente dell’Eurogruppo ha in parte confermato questa versione affermando che al ministro ellenico sono state sottoposte “differenti bozze”, ma in Consiglio “non c’è stato nessun accordo su questi testi”.
“Nessuno ha diritto di metterci con le spalle al muro”, ha concluso Varoufakis, secondo cui i patti sottoscritti dal precedente governo sono saltati “come risultato del processo democratico greco” e ora c’è bisogno quindi di un “nuovo contratto”, che tenga presente che “l’attuale programma non ha funzionato”, ma anzi ha portato il Paese nella “crisi umanitaria” in corso.
I contatti tra Atene e Bruxelles continueranno frenetici in questi giorni ma al momento non sembra che ‘le istituzioni’ siano disposte a fare alcuna concessione al governo di Tsipras e Dijsselbloem ha spiegato chiaramente che anche dopo un eventuale contratto ponte il futuro programma “ non credo che sarebbe diverso” dall’attuale, ma si baserebbe sempre e comunque “su una condizionalità rigorosa” che “richiede riforme popolari e anche non popolari”.
Scritto con Emanuele Bonini