L’Eurogruppo di ieri? “E’ servito a molto poco”, dice Pier Carlo Padoan il giorno dopo la riunione finita con un nulla di fatto. Ma il ministro dell’Economia potrebbe sbagliarsi, perchè il dato che emerge dalla riunione di ieri, oltre al muro contro muro tra Grecia e resto dei diciannove, è la frattura profonda all’interno della Commissione europea. Fa discutere la proposta avanzata dal commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, a un passo dall’approvazione greca ma bocciata categoricamente dall’Eurogruppo e, a quanto pare, dalla Commissione stessa. Moscovici proponeva un’estensione temporanea del prestito (non del programma) per quattro mesi, alla fine il documento finale messo sul tavolo dell’Eurogruppo prevedeva l’esatto contrario: o prolungamento dell’attuale programma o niente. “Per la Commissione la soluzione più ragionevole è estendere l’attuale programma così da avere il tempo di negoziare”, mette in chiaro al termine dell’Ecofin Valdis Dombrovskis, commissario per l’Euro ed esponente Ppe al Berlaymont. “La soluzione per la Grecia va trovata all’interno del quadro corrente”, il che vuol dire nel rispetto delle condizioni fatte valere finora. Parole che segnano una presa di distanza netta da Moscovici, per il quale si pone un problema di legittimità. A che titolo parlava, ieri, il francese, all’Eurogruppo? A quanto pare non a titolo della Commissione, viste le dichiarazioni di oggi. Per la Grecia, dice a margine dei lavori dell’Ecofin lo stesso Moscovici, “non c’è un piano B, ed è tempo che (Atene, ndr) chieda l’estensione del programma”. Vere e proprie ritrattazioni.
L’ultimo Eurogruppo in ordine di tempo mostra un’immagine dell’Europa tutt’altro che rosea. Ma al momento non sembrano esserci passi avanti. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolgang Schaeuble, ha ribadito anche oggi che “tutto dipende dai greci”. Si avrà un nuovo Eurogruppo solo se lo chiederà espressamente Atene, che deve però dirsi pronta ad accettare le condizioni dei creditori. Quali sono, è noto. “L’estensione dell’attuale programma credo sia il miglior scenario possibile”, ripete Dombrovksis. Se la Grecia non accetta il programma può anche scadere il 28 febbraio, ma a quel punto al governo Tsipras – che comunque da marzo in poi dovrà iniziare a ripagare i prestiti – non resterebbero che due alternative: o reperire i soldi sul mercato, emettendo titoli di stato su cui pagare il 12%, oppure tornare a chiedere aiuto all’Ue. Di fatto i greci vengono messi con le spalle al muro. Contatti tra Bruxelles e Atene sono in corso, ma è una corsa contro il tempo e appare difficile capire se verrà convocato un altro Eurogruppo.