“La Garanzia giovani costa denaro, ha dei risultati? Per l’Italia la risposta è no”. A lanciare l’allarme è Adapt, il centro studi sul lavoro fondato da Marco Biagi: il coordinatore scientifico Michele Tiraboschi lo ha fatto presente su Twitter direttamente al vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen, innescando una conversazione sfociata nella richiesta di approfondimenti da parte del commissario e nella conseguente presentazione di un report, redatto da Adapt, sullo stato di attuazione del progetto europeo per l’inserimento lavorativo dei cosiddetti Neet (giovani che non lavorano né seguono percorsi di formazione) nel nostro Paese.
Secondo il documento presentato a Katainen, elaborato sulla base dei dati forniti dal ministero del Lavoro, i Neet italiani stimati dal governo sono 2 milioni e 254 mila. Di questi però, solo poco più di un milione e mezzo hanno i requisiti per rientrare nella Youth guarantee. Al 12 febbraio scorso, prosegue il report, “solo 412 mila hanno aderito al piano”, pari ad appena il 18% del totale. Sono invece circa 160 mila i giovani contattati per il primo colloquio, e appena 12 mila e 300 “hanno poi effettivamente ricevuto una offerta di lavoro, di stage o di formazione (o altra misura), pari al 3% degli iscritti”. Un dato che da solo, secondo il centro studi, basta a giustificare la “percezione diffusa, tra i giovani prima ancora che tra gli esperti e l’opinione pubblica, che si tratti dell’ennesimo fallimento delle politiche del lavoro in Italia”. Lo stesso sentimento manifestato dai giovani di Garantiamoci un futuro, poche settimane fa, in un sit-in di protesta davanti alla Regione Lazio
Il documento parla di “errori di impostazione, progettazione e sviluppo del piano”. Fa riferimento alla Raccomandazione del Consiglio europeo sull’istituzione della Garanzia giovani, per sottolineare alcune incongruità del programma italiano. Prima tra tutte, il ritardo nella tempistica. Il Piano di attuazione italiano prevede, come indicato dall’Ue, l’offerta di un percorso di formazione o di lavoro entro 4 mesi dall’iscrizione del giovane. Tempi che, stando al rapporto, “non vengono rispettati”. Non solo, “le offerte di lavoro o tirocinio pubblicate sul portale di Garanzia Giovani, dall’inizio del programma al 5 febbraio 2015, sono complessivamente 46.872”, prosegue il documento, evidenziando che bastano a coprire “poco più del 10% degli iscritti”. Ma questo solo in linea teorica. Infatti, l’ulteriore denuncia dei ricercatori è che “la stragrande maggioranza degli annunci non è adeguata al target di riferimento”. Ad esempio, “il più delle volte” fanno “riferimento a personale di elevata esperienza”. Inoltre, “il contratto a tempo determinato è la tipologia maggiormente ricorrente tra le offerte caricate nel portale (74%), mentre tirocinio e apprendistato – due forme che più rispondono all’esigenza di offrire esperienze formative all’iscritto – occupano le ultime due posizioni (rispettivamente 8% e 2%)”.
Un’altra carenza dell’attuazione è l’assenza di un soggetto coordinatore del piano, come raccomandato dal Consiglio. L’Italia, “in attesa di una annunciata riforma dei servizi pubblici per il lavoro, ha affidato il compito di coordinamento”, a una Struttura di missione, la quale “ha cessato le sue funzioni il 31 dicembre 2014”, con il risultato che “il ruolo di coordinamento del programma Garanzia Giovani in Italia è allo stato scoperto”.
Sull’utilizzo dei fondi europei, Adapt segnala una duplice problematica. Da un lato, il modo in cui vengono allocate le risorse. “Le misure sulle quali si è investito di più sono i tirocini (a cui è stato destinato il 21,3% delle risorse complessivamente disponibili) e la formazione (20,3%) mentre solo una quota minimale è stata destinata all’apprendistato (4,5%)”. Una impostazione che, secondo i ricercatori, contrasta l’indicazione europea di “riservare la massima priorità” alle “misure necessarie ad agevolare l’integrazione sostenibile dei Neet nel mercato del lavoro”. Infatti, prosegue il report, “è sufficiente consultare le offerte di tirocinio presenti nel portale nazionale per cogliere come, nella stragrande maggioranza dei casi, queste celino vere esperienze lavorative senza alcun contenuto formativo”. Il secondo elemento di criticità riguarda il fatto che le imprese “non risultano attratte da incentivi economici di cui ancora non è dato sapere se siano o meno stati autorizzati dalla Commissione europea, in relazione al regime comunitario in materia di aiuti di Stato”.
Katainen ha ringraziato Tiraboschi per il report, promettendo che lo avrebbe letto. Se questo produrrà una richiesta di chiarimenti al ministero del Lavoro, ancora non si sa. Al momento, il portavoce del ministro Giuliano Poletti esclude che il commissario abbia contattato Via Veneto per chiedere delucidazioni.